Il ridotto accesso alle cure in gravidanza ha portato a un drastico incremento dei bambini morti nel grembo materno. Lo indica uno studio pubblicato su Nature
Durante la pandemia, a causa della riduzione delle cure in gravidanza, il numero dei bambini morti nel grembo materno è andato incontro a un drastico aumento. Lo indica un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Nature, nel quale sono citati “diversi studi da tutto il mondo che mostrano questa tendenza preoccupante”. In molti casi, la morte in utero del feto avviene durante il terzo mese di gravidanza. Può verificarsi nelle donne affette da condizioni come diabete non controllato e preeclampsia oppure a causa di infezioni della placenta o di anomalie congenite del feto. La supervisione costante dei medici può ridurre di molto il rischio di morte in utero, ma proprio queste cure sono venute a mancare, in varie parti del mondo, nel corso della pandemia.
L’aumento del tasso di natimortalità
Ad agosto è stato pubblicato su The Lancet Global Health il più grande studio in grado di dimostrare l’aumento del tasso di natimortalità, realizzato sulla base dei dati di oltre 200.000 donne che hanno partorito in nove ospedali in Nepal. I risultati indicano che i nati morti sono aumentati da 14 ogni 1.000 nascite prima che il passe entrasse in lockdown a fine marzo, a 21 ogni 1.000, con un incremento del 50%. Una tendenza simile è emersa anche dai dati del St George’s Hospital, uno dei più grandi ospedali di Londra. Come riferito da Asma Khalil e dai suoi colleghi della University of London, le morti in utero solo salite da 2,38 per 1.000 nascite tra ottobre 2019 e la fine di gennaio 2020, a 9,31 ogni 1.000 nati tra febbraio e metà giugno.
L’impatto della pandemia di coronavirus
Secondo gli esperti, l’aumento del tasso di natimortalità non è legato alle infezioni da Covid-19, ma all’impatto della pandemia sull’accesso alle cure prenatali di routine. “Le donne incinte potrebbero non essere state in grado di recarsi alle strutture sanitarie per mancanza di trasporto pubblico; in alcuni casi, gli appuntamenti sarebbero stati annullati”, si legge nell’articolo pubblicato su Nature. “Altre donne potrebbero aver evitato gli ospedali per paura di contrarre Sars-CoV-2”.