La nuova tecnologia "Intravital 3D (I3D) bioprinting”, messa a punto dai ricercatori dell’Università di Padova e del Vimm, apre la strada alla creazione di nuove tecniche di chirurgia non invasiva
Dall’Italia arriva una nuova frontiera nel settore della medicina rigenerativa.
Un team di ricercatori dell’Università di Padova e del Vimm (Istituto Veneto di Medicina Molecolare) ha messo a punto una nuova tecnologia che consente di stampare in 3D tessuti all’interno di organismi viventi. Chiamata "Intravital 3D (I3D) bioprinting”, si basa su un nuovo gel fotosensibile che solidifica quando esposto a un raggio laser ed è in grado di attraversare i tessuti del corpo senza danneggiarli.
Possibili applicazioni
Iniettando il gel in forma liquida in tessuti viventi e controllando lo stato del biogel con la luce infrarossa, sarebbe possibile generare un tessuto, in grado di adattarsi e connettersi a quelli circostanti. La nuova tecnologia apre la strada a nuove frontiere nella medicina rigenerativa e potrebbe portare allo sviluppo di innovative tecniche di chirurgia non invasiva, utili per riparare e ricostruire organi di pazienti affetti da malattie rare e complesse. Poiché questo biogel può essere utilizzato come inchiostro biologico per “stampare” diversi tessuti nella forma desiderata, la sua potenziale applicazione riguarda le strategie di terapia cellulare personalizzata e di “precision medicine” in ambito di medicina rigenerativa.
Lo studio nel dettaglio
Per mettere a punto la nuova tecnologia, descritta nel dettaglio sulle pagine della rivista specializzata Nature, gli esperti hanno inizialmente combinato il gel con unità cellulari donatrici, selezionate in base al tipo di tessuto su cui intervenire.
Tramite una semplice siringa, hanno successivamente iniettato il biogel ottenuto nella zona di interesse. Puntando una luce di una specifica lunghezza d'onda nell’area in cui è stato inserito il gel sono poi riusciti a farlo solidificare. Così facendo hanno sviluppato un tessuto stampato in 3D contenente le cellule donatrici e in grado di adattarsi all’ambiente circostante.
“Le tecniche più innovative di bioprinting 3D richiedono l'accesso diretto al tessuto della penna per la biostampa tridimensionale, di conseguenza, il controllo della forma e struttura del tessuto stampato è limitato a parti del corpo facilmente accessibili come
la pelle”, ha commentato Nicola Elvassore, coordinatore dello studio. “Siamo davvero entusiasti del fatto che la nostra tecnica
(che abbiamo nominato intravital 3D bioprinting) permetta di visualizzare con altissima risoluzione la parte anatomica di
interesse e “stampare” tessuti nella posizione e della forma desiderati”.