Un gruppo internazionale di ricercatori ha testato con successo gli effetti dell’anticorpo monoclonale abEC1.1 sui topi affetti dalla patologia. Gli esperti sono ora alla ricerca dei finanziamenti necessari per condurre dei test clinici anche sull’uomo
La prima terapia efficace contro la sindrome di Clouston potrebbe essere basata sull’anticorpo monoclonale abEC1.1. È quanto emerge da un recente studio, condotto dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ibbc) di Monterotondo, dall’Università di Padova e dalla ShanghaiTech University e co-finanziato da Fondazione Telethon. La sindrome di Clouston, nota anche come displasia ectodermica idrotica, è una rara malattia genetica causata da mutazioni del gene GJB6 (13q12) che codifica per la proteina connessina 30 (Cx30): determina distrofia delle unghie, alopecia e ipercheratosi palmo-plantare. Per testare la possibile terapia, il team internazionale coordinato da Fabio Mammano ha studiato gli effetti dell’anticorpo monoclonale sui topi, ottenendo dei risultati incoraggianti. Gli esperti sono ora alla ricerca dei finanziamenti necessari per condurre dei test clinici anche sull’uomo. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica EbioMedicine.
Gli effetti dell’anticorpo monoclonale abEC1.1
Nel corso dello studio, i ricercatori hanno dimostrato che l’anticorpo monoclonale abEC1.1 è in grado di legarsi alla proteina connessina 30 e di ripristinarne il normale funzionamento in presenza di mutazioni che causano la sindrome di Clouston. Come spiega Mammano, questa rara malattia è dovuta a delle alterazioni del gene GJB6. “Quest’ultimo fornisce le istruzioni per produrre la connessina 30, che si trova in diversi tessuti in tutto il corpo, pelle inclusa, e svolge un ruolo importante nella loro crescita e nel loro sviluppo”, aggiunge il coordinatore della ricerca. “Le mutazioni del gene GJB6 cambiano i mattoni delle singole proteine, gli amminoacidi, nella Cx30, portando ad anomalie nella crescita, divisione e maturazione delle cellule nei follicoli piliferi, nelle unghie e nella pelle”, conclude Mammano. I risultati ottenuti nel corso dello studio aprono le porte a un possibile trattamento per la sindrome di Clouston, che potrebbe ripristinare l’equilibrio delle funzioni nei tessuti della pelle di chi soffre di questa patologia.
Che cos’è la sindrome di Clouston?
Come accennato, la sindrome di Clouston è una patologia genetica dovuta alle mutazioni del gene GJB6, che codifica per la proteina connessina 30. Spesso si manifesta con anomalie delle unghie, che risultano fragili, lente a crescere, iperconvesse e coperte da striature. Il loro distacco può essere provocato dall’onicolisi, un’alterazione patologica dell’unghia, o da infezioni della pelle che le circonda. La malattia causa in molti casi anche l’alopecia, che può essere totale o parziale. Un’altra manifestazione tipica è l’ipercheratosi palmo-plantare, caratterizzata da un aumento eccessivo dei cheratinociti, ossia delle cellule che costituiscono la parte più superficiale della pelle. Spesso si manifesta sotto forma di calli e duroni.