Nel corso di un’intervista con Fabio Vitale, il direttore dell’Istituto Clinico Humanitas ha chiarito alcuni dei dubbi più comuni sulla pandemia di Covid-19 e sul futuro della lotta a Sars-CoV-2
Intervistato ai microfoni di Sky TG24, Alberto Mantovani, il direttore dell’Istituto Clinico Humanitas, ha risposto ad alcune delle domande più frequenti sull’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del coronavirus Sars-CoV-2 (segui la DIRETTA di Sky TG24), aiutando a capire meglio alcuni aspetti della pandemia di Covid-19.
Come si trasmette il coronavirus?
Mantovani: “Si trasmette attraverso le goccioline che emettiamo tossendo o starnutendo, ma anche parlando e respirando come sto facendo io in questo momento. È importante ripeterlo perché stanno circolando delle notizie false. Per esempio, da alcuni giorni gira la notizia che il virus si trasmetta tramite il nanoparticolato, sulle particelle che inquinano. È importante sapere che non è vero per non abbassare la guardia e continuare a rispettare il distanziamento sociale”.
Quando si è contagiosi?
Mantovani: “Si è contagiosi qualche giorno prima dei sintomi, innanzitutto. Si è poi contagiosi quando si hanno i sintomi. Inoltre, anche gli asintomatici e chi ha avuto la malattia in forma lieve è contagioso e questo è un grande problema per quanto riguarda la diffusione del virus. È per questo che consigliamo anche a chi sta bene di evitare di andare a correre al parco e di rispettare il distanziamento sociale”.
Qual è il periodo di incubazione del virus?
Mantovani: “Il periodo di incubazione può essere anche relativamente rapido, ma in linea di massima è intorno alle due settimane. È per questo che i dati dei pazienti positivi riflettono i nostri comportamenti di 10 giorni fa, mediamente”.
Quanto sono utili le mascherine? E a chi servono?
Mantovani: “Innanzitutto, la mia grande preoccupazione è di proteggere chi è in prima linea, come medici e infermieri. Ci sono mascherine di diverso livello: io ne indosso una chirurgica quando esco e quando vado a lavoro. Credo che anche le persone che sono esposte al pubblico dovrebbero essere dotate di questi strumenti, che impediscono di trasmettere il virus e proteggono in parte dal contagio”.
Qual è la distanza di sicurezza da mantenere tra una persona e l’altra?
Mantovani: “Si stima che la distanza di sicurezza sia di un metro e mezzo o due. È importante anche evitare alcuni comportamenti sbagliati, come salire in ascensore assieme ad altre persone o non areare gli ambienti chiusi”.
Quali sono i sintomi del Covid-19?
Mantovani: “Ci sono dei sintomi sistemici, come la febbre alta. Ci sono poi anche dei sintomi legati alle vie respiratorie, come la tosse e la dispnea, almeno nei casi più gravi. Non mancano, inoltre, dei sintomi gastrointestinali o simili a quelli del raffreddore. Solitamente si presentano in modo contestuale”.
Come si distinguono questi sintomi da quelli dell’influenza stagionale?
Mantovani: “Ci tengo a sottolineare che Covid-19 non è un’influenza. La sintomatologia può però essere simile, quindi in caso di dubbio è possibile chiamare uno dei numeri verdi disponibili o fare riferimento al nostro medico di famiglia per ottenere dei chiarimenti”.
È possibile confondere i sintomi di Covid-19 con quelli dell’allergia?
Mantovani: “I sintomi dell’allergia stagionale sono molto diversi e chi ne soffre non dovrebbe avere difficoltà a riconoscerli”.
Come faccio a sapere se ho contratto la malattia pur non avendo sintomi?
Mantovani: “Al momento non abbiamo uno strumento per dire a qualcuno che è stato un po’ male se ha avuto l’infezione. Il test con il tampone è un’istantanea e non ci permette di cogliere l’intero decoroso della malattia. Il futuro sono i test con gli anticorpi, che ci permettano di rivelare la traccia nel sistema immunitario del passaggio del virus. Sono quelli che usiamo per la grande maggioranza delle malattie infettive, ma in questo caso non siamo ancora a quel punto”.
Oltre al tampone ci sono altri mezzi di diagnostica? Sono affidabili?
Mantovani: “In questo momento il tampone è l’unico strumento, assieme alla grande esperienza dei nostri clinici che hanno imparato a sospettare della presenza di Covid-19 sulla base della presentazione clinica, delle immagini a vetro smerigliato e delle radiografie. Il tampone ha dei problemi: ci sono diversi falsi negativi, anche nei soggetti sintomatici. Inoltre, richiede una tecnologia molto sofisticata. Ci sono poi dei metodi basati sulla ricerca di anticorpi, ma al momento non sono ancora stati validati”.
Avremmo dovuto fare più tamponi?
Mantovani: “Noi siamo stati travolti da uno tsunami e ci siamo ritrovati a non avere il personale necessario per condurre l’analisi dei tamponi, che richiede circa quattro ore. In una situazione del genere il problema non è fare più tamponi, ma proteggere chi è in prima linea”.
Qual è il decorso della malattia?
Mantovani: “Il decorso è molto variabile e difficile da prevedere. Può cambiare nel tempo con remissioni e aggravamenti. Dopo una prima settimana che può essere relativamente leggera, la situazione può aggravarsi o restare stabile. Nel 90% dei casi questa è una malattia che si risolve, ma non dobbiamo dimenticare che per il 10% dei pazienti è necessario il ricovero in unità di cura intensiva”.
Si diventa immuni dopo aver contratto e superato questa malattia? Ci si può riammalare?
Mantovani: “Si stima che ci sia un’immunità al virus che va dai sei a 12 mesi. È ragionevole pensare che quando il problema è risolto ci lasci una memoria immunologica, che è la base per lo sviluppo dei vaccini”.
Dopo quanto tempo una persona malata non è più contagiosa?
Mantovani: “Chi guarisce non è più contagioso. Non ci sono evidenze che ci siano riserve nel nostro organismo di virus che riappare. C’è stato solo un caso, ben documentato, di una seconda reinfezione”.
Cosa ne pensa delle dichiarazioni di Boris Johnson sull’immunità di gregge?
Mantovani: “Non possiamo permetterci di costruire un’immunità della comunità o del gregge lasciando correre il virus. Direi che, per fortuna, quelle prime dichiarazioni non sono state seguite da una prassi. Il Regno Unito ha adottato un’altra strategia, che per ora è meno draconiana della nostra. Se la loro è una strategia di mitigazione, la nostra è una strategia di soppressione”.
Perché le donne si ammalano meno degli uomini?
Mantovani: “Abbiamo tre ipotesi a riguardo. La prima ipotesi è che le donne abbiano delle risposte immunitarie più efficaci rispetto agli uomini. La seconda è che alcuni geni importanti che determinano l’entrata del virus siano localizzati sul cromosoma X. La terza è che ci siano altri fattori genetici sempre localizzati sul cromosoma X che hanno a che vedere con la qualità delle risposte immunitarie. Inoltre, per quanto riguarda le persone anziane, è opportuno sottolineare che le donne di una volta fumavano molto meno dei maschi”.
Quanto sono efficaci i farmaci usati nelle ultime settimane per trattare i pazienti con Covid-19?
Mantovani: “I farmaci sono stati usati in un modo empirico, cioè in assenza di prova scientifica di efficacia ed è stato saggio e inevitabile fare così. È però necessario trovare un equilibrio tra l’emergenza e la dimostrazione accurata che siano attivi. Per fare un esempio, i due farmaci antiretrovirali che sono stati utilizzati nel corso di un recente studio si sono dimostrati inattivi. Dobbiamo accoppiare il rigore metodologico con l’emergenza e il rispetto dei pazienti”.
L’arrivo della bella stagione aiuterà a combattere meglio il virus?
Mantovani: “Speriamo di sì, ma al momento non lo sappiamo con certezza”.
Quanto tempo durerà questa emergenza?
Mantovani: “Io credo che il nostro primo obiettivo sia uscire dal tunnel. Poi ci occuperemo di come contrastare il risorgere del virus. Nel frattempo dobbiamo fare ricerca, per comprendere se ci sono delle misure che possiamo adottare per aumentare l’immunità di gregge, sviluppare dei nuovi farmaci e così via”.
Il virus potrebbe ripresentarsi il prossimo inverno?
Mantovani: “Ci auguriamo di no, ma è un’eventualità per la quale dobbiamo essere preparati”.