Lo ha scoperto un team di ricercatori dell’University College di Londra che ha coinvolto, in uno studio pubblicato sula rivista Investigative Ophthalmology & Visual Science, 111.370 partecipanti
Vivere in un'area urbana inquinata, dove i livelli di smog sono particolarmente elevati, sarebbe associato ad una maggiore probabilità di avere il glaucoma, una condizione oculare debilitante che può causare anche la cecità. A sostenerlo è uno studio che ha visto protagonisti i ricercatori della University College di Londra, pubblicato sulla rivista scientifica Investigative Ophthalmology & Visual Science. In particolare le persone che trascorrono la propria vita in ambienti dove sono presenti elevati quantità di polveri sottili hanno almeno il 6% in più di probabilità di ammalarsi di di glaucoma, rispetto a coloro che vivono in aree meno inquinate.
Cos’è il glaucoma
Il glaucoma, come riporta il portale di Humanitas, rinomato polo ospedaliero nel Milanese, è una malattia cronica e progressiva che colpisce il nervo ottico e che può portare alla perdita della vista e rappresenta la principale causa globale di cecità irreversibile, colpendo oltre 60 milioni di persone in tutto il mondo. In Italia, invece, questa malattia neurodegenerativa rappresenta la seconda causa di disabilità visiva e cecità. Di solito si scatena in seguito all'aumento della pressione interna dell'occhio e in limitati casi alla riduzione dell'apporto di sangue al nervo ottico, ovvero quel nervo responsabile della trasmissione delle informazioni visive al cervello. Un danno al nervo ottico si può tradurre con una perdita del campo visivo che inizia nelle porzioni più periferiche coinvolgendo progressivamente le porzioni centrali dello stesso, compromettendo notevolmente la vista.
I test oculari
"Abbiamo riscontrato un altro motivo per cui l'inquinamento atmosferico dovrebbe essere considerato una priorità per la salute pubblica e per il quale evitare fonti di inquinamento atmosferico potrebbe essere utile per la salute degli occhi, oltre che per altri problemi di salute", ha affermato l'autore principale di questo studio, il professor Paul Foster. "La maggior parte dei fattori di rischio per il glaucoma sono fuori dal nostro controllo, come il progressivo avanzamento dell'età avanzata o la genetica. È incoraggiante però sapere che ora possiamo aver identificato un secondo fattore di rischio per il glaucoma, dopo la pressione oculare, che può essere modificato cambiando stile di vita o anche e soprattutto dai cambiamenti delle scelte politiche", ha aggiunto il Foster. Nel loro studio, i ricercatori inglesi hanno coinvolto 111.370 partecipanti, analizzando dati che riguardassero test oculistici a cui si sono sottoposti, dal 2006 al 2010, in tutta la Gran Bretagna. Ai partecipanti è stato chiesto se avessero il glaucoma e sono stati sottoposti poi a test oculari per misurare la pressione intraoculare e ad una scansione laser della retina per misurare lo spessore della macula dell'occhio, l’area centrale della retina.
Il legame con l’inquinamento atmosferico
I dati dei partecipanti sono stati collegati ai livelli di inquinamento atmosferico legato ai loro indirizzi di casa: i ricercatori si sono basati, nello specifico, sui dati che riguardavano il particolato fine (uguale o inferiore a 2,5 micrometri di diametro o PM 2.5). Il team di ricerca ha scoperto che le persone residenti in aree più inquinate avevano più probabilità di avere il glaucoma rispetto a quelle residenti in zone meno inquinate. Inoltre le prime avevano anche significativamente più probabilità di avere una retina più sottile, uno dei cambiamenti tipici della progressione del glaucoma. La pressione oculare, invece, non è stata associata all'inquinamento atmosferico, dal momento che secondo i ricercatori l'inquinamento atmosferico può influenzare il rischio di glaucoma attraverso un meccanismo diverso. "L'inquinamento atmosferico può contribuire al glaucoma a causa della costrizione dei vasi sanguigni. Oppure è possibile che il particolato possa avere un effetto tossico diretto che danneggia il sistema nervoso e contribuisca così all'infiammazione", ha detto la dottoressa Sharon Chua, tra i principali autori della ricerca.