Calciatori, secondo uno studio sono più a rischio di demenza e malattie neurodegenerative

Salute e Benessere
Immagine di archivio (Ansa)

Analizzando oltre settemila ex giocatori scozzesi, i ricercatori guidati da Daniel F. Mackay, dell’Università di Boston, hanno dimostrato che la maggiore probabilità dipende dal totale degli impatti alla testa accumulati nel corso della carriera 

Per i calciatori professionisti il rischio di demenza e la mortalità per malattie neurodegenerative, come la Sla, sono maggiori rispetto al resto della popolazione: è quanto emerge da una nuova ricerca che ha coinvolto oltre settemila ex-calciatori professionisti scozzesi. Come spiegato nello studio, pubblicato sulla rivista specializzata New England Journal of medicine, il rischio, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non deriverebbe dai forti colpi presi alla testa, ma dal conto totale degli impatti accumulati nel corso della carriera.

I risultati dello studio

Nel corso dello studio, coordinato da Daniel F. Mackay dell’Università di Boston, i ricercatori hanno confrontato gli ex calciatori professionisti con la popolazione generale sulle cause di mortalità e l’uso di farmaci anti-demenza. Dai risultati ottenuti, è emersa una minore mortalità da cause non neurologiche che sembrerebbe confermare i benefici dello sport nella prevenzione delle altre malattie, come quelle cardiovascolari e metaboliche. L’analisi ha anche evidenziato un rischio più elevato di sviluppare patologie neurodegenerative per i calciatori professionisti, che sembrerebbe derivare dall’esposizione a ripetuti colpi alla testa. Si tratta di un risultato simile a quello ottenuto nel corso di un altro studio svolto dai Centers of diseases control sui giocatori di football americano. Mediamente, un calciatore colpisce la palla con la testa tra le 6 e le 12 volte durante ogni partita, il che significa migliaia di volte nell’arco della carriera. Non sono però i singoli colpi forti a incrementare la probabilità di sviluppare malattie neurodegenerative, bensì il totale degli impatti subiti nel corso degli anni. Il team di ricerca sottolinea che non è possibile estendere questi risultati a tutte le persone che giocano a calcio a livello amatoriale o universitario e ribadisce gli effetti positivi dello sport sulla salute e sul benessere psicofisico.

La Sla colpisce 6 volte di più i giocatori di serie A

Nel corso di un altro studio sul tema, i ricercatori dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano hanno dimostrato che per i calciatori professionisti il rischio di contrarre la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) è più elevato. In particolare è 6 volte maggiore per i giocatori di serie A. Per svolgere la ricerca, gli studiosi hanno esaminato i nominativi dei calciatori presenti negli album di figurine Panini, a partire dalla stagione 1959-1960 fino a quella del 1999-2000. In questo modo hanno individuato 23.875 giocatori di Serie A, B e C, seguiti fino al 2018 dagli esperti dell’Istituto Mario Negri, e sono riusciti ad accertare 32 casi di Sla. Dalla ricerca emerge che i più colpiti dalla patologia sono i centrocampisti (14), seguiti dai difensori (9), dagli attaccanti (6) e dai portieri (3). 

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