L'antibiotico resistenza, il fenomeno per cui un batterio resiste all'azione di un antimicrobico, può dipendere anche da ciò che mangiamo. L'Italia è il primo tra i paesi Ocse per mortalità dovuta a infezioni da batteri antibiotico-resistenti
Vi è mai capitato di avere un’infezione, usare degli antibiotici per curarla e rendervi conto di non essere guariti del tutto? Ebbene potrebbe trattarsi di un caso di antibiotico resistenza, un problema che nasce anche da ciò che mangiamo e che faremmo bene a non sottovalutare.
Ma cos’è l’antibiotico resistenza? E’un fenomeno per il quale un batterio risulta resistente all’attività di un antimicrobico. E la causa di questa resistenza è attribuita proprio al consumo eccessivo che si fa degli antibiotici. Insomma un circolo vizioso pericolosissimo: un batterio se bombardato dagli antibiotici può sviluppare una naturale resistenza ad esso. Ed è così che alcune infezioni, alcune delle quali anche mortali, diventano incurabili.
Sono i numeri a descrivere una situazione da allarme rosso, soprattutto in Italia: il nostro paese è infatti oggi al primo posto, tra quelli Ocse, per mortalità con oltre 10.000 decessi l'anno a causa di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici.
L'abuso degli allevamenti intensivi
Una minaccia crescente che vede tra le sue cause primarie l'uso eccessivo di antibiotici anche negli allevamenti intensivi di animali. Un abuso confermato dall’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea per il Farmaco: i due terzi di tutti gli antibiotici venduti in Europa sono destinati all’uso veterinario e al secondo posto, tra i maggiori consumatori, c’è il nostro paese con 1.200 tonnellate all’anno.
Sarà per questo che il fiume più inquinato d’Europa, per presenza di antibiotici, sia proprio in Italia, nel bresciano: la Roggia Savarona. A scoprirlo è un recente studio di Greenpeace che ha condotto analisi sui campionamenti di 29 fiumi e canali di irrigazione, di 10 paesi europei in Regioni con forte presenza di allevamenti intensivi. E si sa che in Lombardia e nel bresciano c’è la più grande e importante produzione italiana di suini.
Decine di migliaia di animali stipati in capannoni di cemento e farciti di antibiotici, somministrati spesso senza alcun controllo veterinario e a scopo preventivo, per evitare infezioni e contagi. Succede per gli allevamenti di suini, vitello, pollo, pesci.
Un uso indiscriminato e fuori controllo di antimicrobici che innesca la catena della resistenza. I super batteri proliferano nell’intestino animale esattamente come in quello umano. E quindi finendo nella catena alimentare - latte, uova, carne bianca e rossa, pesce - entrano anche nell’organismo umano. Ma i batteri resistenti si propagano nell’ambiente anche attraverso l’aria, l’acqua e il suolo contaminati da letame: è quindi possibile trovarne traccia anche nella verdura e negli ortaggi.
I rischi e le precauzioni
Non stupisce allora che malattie che possono essere trasmesse dagli animali all’uomo, come la campilobatteriosi e la salmonellosi, stiano diventando sempre più resistenti agli antibiotici. L’agenzia europea per la sicurezza alimentare – che ogni anno monitora il fenomeno in 28 paesi - lo dice chiaramente: l’antibiotico resistenza non mostra segni di diminuzione. Addirittura in alcuni paesi la resistenza ai fluorochinoloni (come la ciprofloxacina) è talmente alta che tali antimicrobici non funzionano più per il trattamento di casi gravi di campilobatteriosi.
E allora che fare? Intanto lavare e cuocere bene ciò che mangiamo. Imparare ad adottare un uso prudente e rigoroso degli antibiotici, sia negli uomini che negli animali. L’emergenza è alle porte: entro il 2050 la resistenza agli antibiotici potrebbe provocare la morte di 10milioni di persone l’anno nel mondo. Più del cancro e del diabete.