Diagnostica 3D può aiutare a prevenire gli attacchi cardiaci

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Un team di ingegneri e biochimici dell’Australian National University (ANU) ha recentemente ideato e sperimentato un dispositivo bio-ottico 3D, in grado di segnalare ai medici i possibili pazienti a rischio ictus o infarto 

Un team di ingegneri e biochimici dell’Australian National University (ANU) ha recentemente ideato e sperimentato un dispositivo diagnostico bio-ottico 3D, in grado di segnalare ai medici i possibili pazienti a rischio ictus o infarto. Questo innovativo sistema permette di rilevare preventivamente la formazione di coaguli di sangue e di possibili trombosi venose.

Piastrine e coaguli

Ogni anno, in tutto il mondo, gli attacchi cardiaci causano milioni di decessi. Scientificamente parlando, riuscire a prevedere la formazione di un coagulo di sangue era, fino a oggi, un’impresa quasi impossibile. Le piastrine, infatti, una volta attivate, si raggruppano in pochi secondi. Queste ultime sono le principali responsabili della formazione dei grumoli di sangue e sono più piccole rispetto alle molecole normali.
L’innovativo dispositivo diagnostico ideato da Steve Lee, ingegnere biomedico dell’ANU Research School of Engineering, e dalla professoressa Elizabeth Gardiner, della John Curtin School of Medical Research (JCSMR), sarebbe in grado di prevedere il comportamento delle piastrine danneggiate, analizzando un piccolo campione di plasma. Il sistema di rilevazione permette, inoltre, di ricreare un ologramma digitale dal quale è possibile ricavare un quadro completo della possibile reazione microscopica nel sangue. Questo processo è reso possibile monitorando il tempo necessario, alla luce del dispositivo, per attraversare il coagulo.

Impiego in campo medico

“Questa tecnologia può essere applicata per quei pazienti a rischio di coagulazione o per quelli con emorragie incontrollabili, al fine di evitare il peggio prima che accada”, le parole del dottor Sherry He, un ricercatore del team della ANU.
Il dispositivo può essere montato su qualsiasi tipo di microscopio, ma è troppo ingombrante per poter essere impiegato direttamente negli studi medici. La dottoressa Samantha Montague, della John Curtin School of Medical Research, ha evidenziato come il team si stia impegnando attivamente per ridurne le dimensioni e proseguendo in una serie di test che ne migliorino ulteriormente la precisione e l’affidabilità del dispositivo.

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