Tumore rene, per il 76% dei pazienti differenze nelle cure tra Regioni
Salute e BenesserePiù della metà dei malati giudica buona la propria qualità di vita, ma rimangono disparità territoriali nei trattamenti. Il presidente dell'Aiom Pinto: “Necessario che terapie e tempistiche siano le stesse in tutta Italia”
Il 57% dei pazienti colpiti da tumore al rene ha una qualità di vita buona e il 71% è vivo a cinque anni dalla diagnosi. Il 76%, però, sostiene che la priorità sia eliminare le differenze territoriali nelle cure. Il richiamo arriva dagli esperti riuniti al convegno nazionale sul tema, organizzato a Milano dall'Aiom, l'Associazione italiana di Oncologia medica.
13.600 italiani colpiti ogni anno
Il tumore al rene è una neoplasia che colpisce 13.600 italiani l'anno. Dalla fotografia scattata dai due sondaggi presentati al convegno milanese emerge che per il 64% degli italiani intervistati il livello di assistenza offerto in campo oncologico dal Sistema sanitario nazionale è buono. Il 76%, però, ritiene che ci siano differenze nelle opportunità di cura offerte dalle varie regioni.
I sondaggi dell'Aiom
I due rilevamenti, condotti da Aiom con il supporto di Ipsen, hanno coinvolto 1.034 cittadini e 256 pazienti affetti dal tumore del rene, con l'obiettivo di innalzare il livello di conoscenza di questa malattia. Oltre la metà dei pazienti – questa la notizia positiva – giudica buona la propria attuale qualità di vita, che nel 6% dei casi è addirittura ottima. Il dato che stride sono quegli oltre tre italiani su quattro che sostengono che, per migliorare la condizione dei malati di cancro, la priorità per il futuro sia l'eliminazione delle differenze territoriali nelle cure.
Disparità altissime
"È necessario che le strategie di trattamento e l'accesso alle terapie siano gli stessi in tutta Italia - spiega Carmine Pinto, presidente nazionale dell'Aiom, che sottolinea come negli ultimi due anni ci sia stato un miglioramento dei processi di approvazione e rimborsabilità delle nuove molecole anticancro a livello nazionale da parte dell'Agenzia italiana del Farmaco (Aifa), dopo la registrazione da parte dell'ente di regolamentazione europeo. "Tuttavia – prosegue Pinto – questo potrebbe non bastare per permettere uguali tempistiche e procedure per l'accesso alle terapie in maniera omogenea in tutto il Paese". Le disparità tra Regioni, infatti, sono altissime: si va da un'attesa minima di 31 giorni a una massimo di addirittura 293.