Associazione Luca Coscioni: "Cannabis terapeutica, si può fare di più"

Salute e Benessere
Una pianta di cannabis (Getty Images)

L'organizzazione ammette miglioramenti sulla qualità, sul prezzo e i tempi d'attesa, ma critica la scarsa produzione da parte dello Stato e le difficoltà dei malati a ottenere prescrizioni

Ci sono ancora troppi ritardi nella diffusione della cannabis terapeutica in Italia. Questa è l'opinione di Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, che ha commentato l'arrivo del prodotto nelle farmacie italiane, sostenendo che si tratta di "una svolta storica che però deve prevedere futuri miglioramenti". Sulla vendita di cannabis, possibile da gennaio 2017, Cappato, ha precisato: "Con un anno di ritardo, finalmente un primo passo è arrivato. Nonostante la cannabis medica in Italia sia ammessa in terapia dal 2007, a oggi la sua disponibilità è tutt'altro che effettiva".

 

Gli ostacoli – Secondo il tesoriere sono ancora tanti gli ostacoli che impedirebbero un giusto accesso del paziente alla marijuana prodotta dallo Stato. Ci sono, secondo Cappato, “costi, ostacoli burocratici, ma soprattutto resistenze ideologiche. Limiti che potrebbero tuttora tradursi in un permanente ostruzionismo nelle prescrizioni". L'associazione Luca Coscioni ha anche riassunto quelli che sono, fino ad oggi, i vantaggi e gli svantaggi del sistema di produzione e diffusione a scopo terapeutico della cannabis in Italia.

I vantaggi – Il primo lato positivo riguarda la qualità della cannabis made in Italy che, dice Cappato, "è in generale migliore perché segue i protocolli europei per i farmaci e in quanto ai principi attivi privilegia il cbd al thc". C'è poi il prezzo inferiore rispetto a quello imposto in Olanda: 15 euro al grammo contro i 24 euro degli olandesi, ma sempre più alto dei prezzi dello spaccio, cosa che favorirebbe ancora l'acquisto illegale. La vendita nelle farmacie italiane, inoltre, non costringe il malato a sopportare le lunghe tempistiche legate all'importazione dall'estero.
 

Gli svantaggi – Sono prevalentemente due, secondo Cappato, i lati negativi legati alla cannabis terapeutica in Italia: il basso quantitativo prodotto e la mancata prescrizione da parte dei medici. "Lo stabilimento parte con una produzione pilota di 100 kg, che corrisponde al quantitativo che compriamo in Olanda – spiega il tesoriere - e che comunque non riesce a soddisfare le richieste di tutti i malati italiani ". Sui medici Cappato rimane critico: “Anche se la cannabis terapeutica sarà ora comunque più accessibile, il problema rimane la mediazione dei medici, che non sono formati o non vogliono formarsi sulla tematica e quindi non prescrivono il medicinale e anzi talvolta colpevolizzano i pazienti che ne fanno richiesta". Infine c'è il gap territoriale che, spiega l'Associazione, è creato dal fatto che "non tutte le regioni italiane sono allineate relativamente alle leggi regionali sull'erogazione di cannabis terapeutica”

La campagna "Legalizziamo!" - L'Associazione Coscioni promuove da tempo la campagna “Legalizziamo!” volta a ottenere una vera e propria liberalizzazione della cannabis a scopo terapeutico. La proposta di legge promossa prevede l'auto-coltivazione libera (solo al fine di utilizzo terapeutico) per i maggiorenni fino a 5 piante, con comunicazione da 6 a 10; la possibilità di associarsi in 'cannabis social club' di massimo 100 persone per la coltivazione e il consumo senza fini di lucro; la coltivazione a fini commerciali previa comunicazione; il divieto di pubblicizzare i prodotti e la vendita nelle immediate vicinanze delle scuole. Tra gli altri punti ci sono anche l'agevolazione dell'accesso alla cannabis medica per le malattie che oggi non la prevedono; il controllo della qualità della produzione da parte dei ministeri delle Politiche agricole e della Salute; l'investimento dei nuovi introiti derivati dalla tassazione per campagne informative e sociali a sostegno dell'economia e per la riduzione del debito pubblico; la depenalizzazione totale dell'uso personale di tutte le sostanze e la liberazione dei detenuti colpevoli di condotte non più penalmente sanzionabili.

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