Frode e truffa, 16 misure cautelari in 16 province: anche Prato e Roma

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Sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di violazione del divieto di subappalto in contratti con la pubblica amministrazione, frode nelle forniture pubbliche, truffa aggravata ai danni dello Stato, sfruttamento del lavoro e impiego di manodopera clandestina, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, e reati connessi

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In 16 province italiane, tra cui Prato e Roma, la polizia ha eseguito una misura cautelare personale emessa dal Gip di Prato che coinvolge complessivamente 27 persone, di cui 16 raggiunte da misure cautelari (con 10 arresti, due divieti a esercitare uffici direttivi e 4 obblighi-divieti di dimora).

Il sequestro e le perquisizioni

L'inchiesta ha portato anche a un sequestro di 43 milioni di euro tra denaro e beni nei confronti di sei indagati riconducibili alla gestione di fatto o di diritto del consorzio Gap. La procura ha poi emesso 11 avvisi di garanzia disponendo perquisizioni per imprenditori italiani e stranieri di Reggio Emilia, Lecco, Pisa, Campobasso, Vicenza, Bologna, Arezzo, Torino, Brescia, Lecce, Pavia, Modena e Isernia: si tratta di 'terzisti' che per l'accusa avrebbero prodotto camici e tute violando il divieto di subappalto in commesse pubbliche e ai quali è contestata anche il reato di frode.

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Le accuse

I coinvolti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di violazione del divieto di subappalto in contratti con la pubblica amministrazione, frode nelle forniture pubbliche, truffa aggravata ai danni dello Stato, sfruttamento del lavoro e impiego di manodopera clandestina, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, e reati connessi.

Le indagini

Le indagini di squadra mobile e procura di Prato hanno permesso di verificare come il distretto dell'abbigliamento che si sviluppa a sud di Prato sia "di fatto divenuto un 'hub' per la realizzazione illecita dei presidi sanitari commissionati dal Commissario emergenza Covid e dalla Regione Lazio". È quanto è stato spiegato dagli inquirenti. Il Consorzio Gap di Roma, che si erano aggiudicato gli appalti al centro delle indagini, "di fatto non aveva la struttura e le capacità per soddisfare le richieste della Pubblica Amministrazione committente" e si sarebbe dunque avvalso "indebitamente in subappalto di aziende" delle provincia pratese, "che hanno operato in violazione delle normative in materia di lavoro, igiene e sicurezza", spiega la procura in una nota. Il guadagno realizzato grazie all'abbattimento illegale del costo del lavoro, secondo gli investigatori, è servito a massimizzare i profitti dei vertici del consorzio romano ed anche delle imprese 'consorziate', che hanno potuto lucrare su margini sempre maggiori rispetto a quanto corrisposto dalla Pa committente per la produzione 'legale' dei presidi sanitari". Dalle indagini è emerso che il Consorzio Gap avrebbe anche importato indebitamente dall'Albania tute protettive che doveva fornire, nonostante l'obbligo di assicurare Dpi 'made in Italy'.

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