Ucraina, Papa Francesco: “Rinnovo l'appello per una tregua pasquale"

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Il pontefice lo ha dichiarato nel corso della sua omelia nella messa della Divina Misericordia: "Si arresti l'attacco per venire incontro alle sofferenze della popolazione stremata". Papa Francesco non ha presieduto a causa di un dolore al ginocchio destro dovuto a un’infiammazione ai legamenti e ha parlato seduto su una poltrona nelle vicinanze dell’Altare centrale della Confessione

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"Rinnovo l'appello a una tregua pasquale, segno minimo e tangibile di una volontà di pace. Si arresti l'attacco per venire incontro alle sofferenze della popolazione stremata". Lo ha detto Papa Francesco al Regina Caeli a proposito del conflitto in Ucraina (LO SPECIALE - GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA). Secondo la Gendarmeria vaticana, alla recita in Piazza San Pietro erano oggi presenti circa 40mila fedeli. Lo comunica la sala stampa della Santa Sede.

Il problema di salute del pontefice

Pur senza presiedere la messa nella Domenica della Divina Misericordia a causa di un dolore al ginocchio destro dovuto a un'infiammazione ai legamenti, il pontefice ha parlato durante la liturgia nella Basilica di San Pietro entrando nella Basilica senza indossare i paramenti liturgici e accompagnato a sedersi su una poltrona nelle vicinanze dell'Altare centrale della Confessione, per via dell’evidente difficoltà a camminare e procedendo a piccoli passi. A presiedere al suo posto è stato l'arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio della Nuova evangelizzazione. Negli ultimi tempi, per questo problema il pontefice ha dovuto rinunciare a diversi impegni.

Papa Francesco: "È triste che le armi prendano il posto della parola"

"Proprio oggi ricorrono due mesi dall'inizio di questa guerra - afferma il pontefice al Regina Caeli - che anziché fermarsi si è inasprita. È triste che in questi giorni che sono i più santi e solenni per tutti i cristiani si senta più il fragore mortale delle armi anziché il suono delle campane che annunciano la Resurrezione. Ed è triste che le armi stiano sempre più prendendo il posto della parola". "Ci si fermi, obbedendo alle parole del Risorto, che il giorno di Pasqua ripete ai suoi discepoli: pace a voi, pace a voi" ha detto il pontefice rivolgendosi ai fedeli riuniti in Piazza San Pietro. "A tutti chiedo di accrescere la preghiera per la pace e di avere il coraggio di dire e di manifestare che la pace è possibile", ha proseguito Francesco. "I leader politici per favore ascoltino la voce della gente, che vuole la pace, non l'escalation del conflitto", ha aggiunto.

"Auguri per Pasqua ortodossa, basta barbarie di guerra"

Il Papa ha ricordato che "oggi varie Chiese orientali cattoliche e ortodosse e anche diverse comunità latine celebrano la Pasqua secondo il calendario giuliano. Noi l'abbiamo celebrata domenica scorsa secondo il calendario gregoriano". "Porgo loro i miei auguri più cari - ha detto ancora -. Cristo è risorto, è risorto veramente. Sia lui a colmare di speranza le buone attese dei cuori. Sia lui ad donare la pace, oltraggiata dalla barbarie della guerra".

"Saluto partecipanti a marcia Perugia-Assisi

"Saluto e ringrazio i partecipanti alla marcia straordinaria Perugia-Assisi - ha detto - per la pace e la fraternità che si svolge oggi, come pure quanti vi hanno aderito dando vita ad analoghe manifestazioni in altre città d'Italia".

"In Camerun pace vera e duratura, cessino violenze"

Il pontefice ha aggiunto ancora: "Oggi i vescovi del Camerun compiono con i loro fedeli un pellegrinaggio nazionale al santuario mariano di Marienberg per riconsacrare il Paese alla Madre di Dio e metterlo sotto la sua protezione. Pregano in particolare - ha proseguito - per il ritorno della pace nel loro Paese che da più di cinque anni in varie regioni è lacerato dalla violenze". "Leviamo anche noi la nostra supplica insieme ai fratelli e alle sorelle del Camerun - ha esortato il Pontefice - affinché Dio, per intercessione della Vergine Maria, conceda presto una pace vera e duratura a questo amato Paese".

L'omelia: “Condividere pane misericordia con chi ci sta accanto”

“Fratelli, sorelle, ciascuno di noi ha ricevuto nel Battesimo lo Spirito Santo per essere uomo e donna di riconciliazione - ha spiegato invece nell'omelia della messa -. Quando sperimentiamo la gioia di essere liberati dal peso dei nostri peccati, dei nostri fallimenti; quando sappiamo in prima persona che cosa significa rinascere, dopo un'esperienza che sembrava senza via d'uscita, allora bisogna condividere con chi ci sta accanto il pane della misericordia". "Sentiamoci chiamati a questo - ha sottolineato il Pontefice -. E chiediamoci: io, qui dove vivo, io in famiglia, io al lavoro, nella mia comunità, promuovo la comunione, sono tessitore di riconciliazione? Mi impegno per disinnescare i conflitti, per portare perdono dove c'è odio, pace dove c'è rancore? O io cado nel mondo del chiacchiericcio, che sempre uccide, sempre". "Gesù cerca in noi dei testimoni davanti al mondo di queste sue parole: Pace a voi! Ho ricevuto la pace e la do all'altro", ha aggiunto.

“Prendendoci cura delle piaghe del prossimo rinasce in noi speranza”

"La misericordia di Dio, nelle nostre crisi e nelle nostre fatiche, ci mette spesso in contatto con le sofferenze del prossimo", ha detto ancora Papa Francesco. "Pensavamo di essere noi all'apice della sofferenza, al culmine di una situazione difficile, e scopriamo chi, rimanendo in silenzio, sta passando periodi peggiori - ha osservato nell'omelia -. E, se ci prendiamo cura delle piaghe del prossimo e vi riversiamo misericordia, rinasce in noi una speranza nuova, che consola nella fatica". "Chiediamoci allora - ha esortato il Pontefice - se negli ultimi tempi abbiamo toccato le piaghe di qualche sofferente nel corpo o nello spirito; se abbiamo portato pace a un corpo ferito o a uno spirito affranto; se abbiamo dedicato un po' di tempo ad ascoltare, accompagnare, consolare". "Quando lo facciamo, incontriamo Gesù - ha concluso -, che dagli occhi di chi è provato dalla vita ci guarda con misericordia e ci ripete: Pace a voi".

Ai confessori: "Non torturate i fedeli, ma ascoltate e perdonate"

"Mi rivolgo a voi, missionari della Misericordia: se ognuno di voi non si sente perdonato, si fermi e non faccia il missionario della Misericordia, fino al momento di sentirsi perdonato. E da quella misericordia ricevuta sarete capaci di dare tanta misericordia, di dare tanto perdono". Papa Francesco si è rivolto ai circa 400 preti partecipanti in questi giorni al terzo Incontro mondiale dei Missionari della Misericordia, la figura da lui istituita nel Giubileo straordinario del 2015-2016. "E oggi e sempre nella Chiesa il perdono ci deve raggiungere così, attraverso l'umile bontà di un confessore misericordioso, che sa di non essere il detentore di qualche potere, ma un canale di misericordia, che riversa sugli altri il perdono di cui lui per primo ha beneficiato", ha affermato. "E da qui nasce quel perdonare tutto, perché Dio perdona tutto, tutto e sempre. Siamo noi a stancarci di chiedere il perdono, ma Lui perdona sempre - ha aggiunto il Pontefice. "E voi dovrete essere canali di questo perdono, tramite la vostra esperienza di essere perdonati - ha concluso -. Non bisogna torturare i fedeli che vengono con i peccati, ma capire cosa c'è, ascoltare e perdonare e dare un buon consiglio aiutando ad andare avanti. Dio perdona tutto: non bisogna chiudere quella porta".

"Meglio fede imperfetta e umile che forte e presuntuosa"

"Anche noi siamo come Tommaso - ha detto il pontefice - con gli stessi dubbi. Ma non dobbiamo vergognarci di questo. Raccontandoci la storia di Tommaso, infatti, il Vangelo ci dice che il Signore non cerca cristiani perfetti, che non dubitano mai e ostentano sempre una fede sicura. Io vi dico: io ho paura quando vedo cristiani, qualche associazione di cristiani, che si credono perfetti. No, l'avventura della fede, come per Tommaso, è fatta di luci e di ombre. Se no, che fede sarebbe? Il Signore non cerca cristiani perfetti: quando è così c'è qualcosa che non va bene. Essa conosce tempi di consolazione, di slancio e di entusiasmo, ma anche stanchezze, smarrimenti, dubbi e oscurità - ha proseguito -. Il Vangelo ci mostra la 'crisi' di Tommaso per dirci che non dobbiamo temere le crisi della vita e della fede. Tante volte ci rendono umili, perché ci spogliano dall'idea di essere a posto, di essere migliori degli altri. Le crisi ci aiutano a riconoscerci bisognosi: ravvivano il bisogno di Dio e ci permettono così di tornare al Signore, di toccare le sue piaghe, di fare nuovamente esperienza del suo amore, come la prima volta". Secondo il Pontefice, "è meglio una fede imperfetta ma umile, che sempre ritorna a Gesù, di una fede forte ma presuntuosa, che rende orgogliosi e arroganti". "Specialmente quando sperimentiamo stanchezze o momenti di crisi - ha continuato -, Gesù, il Risorto, desidera tornare per stare con noi. Aspetta solo che lo cerchiamo, lo invochiamo, persino che, come Tommaso, protestiamo, portandogli i nostri bisogni e la nostra incredulità. Egli torna sempre, perché è paziente e misericordioso. Viene ad aprire i cenacoli delle nostre paure e delle nostre incredulità, perché sempre ci vuol dare un'altra opportunità". "Pensiamo allora all'ultima volta che, durante un momento difficile o un periodo di crisi, ci siamo chiusi in noi stessi, barricandoci nei nostri problemi e lasciando Gesù fuori casa - ha aggiunto Francesco -. E ripromettiamoci, la prossima volta, nella fatica, di ricercare Gesù, di tornare a Lui, al suo perdono, lui sempre perdona, tornare a quelle piaghe che ci hanno risanato. Così, diventeremo anche capaci di compassione, di avvicinare senza rigidità e senza pregiudizi le piaghe degli altri".

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