Il premier ha presenziato alla cerimonia nel parco don Minozzi della cittadina laziale distrutta da una scossa di magnitudo 6 la notte del 24 agosto 2016. Il sisma ha travolto anche Accumoli e Arquata del Tronto
Al suono della tromba suonata da un carabiniere che ha intonato il Silenzio, il premier Mario Draghi ha deposto una corona d'alloro al monumento delle vittime del terremoto di Amatrice, nel parco don Minozzi della cittadina laziale che fu distrutta dalla scossa di magnitudo 6 la notte del 24 agosto 2016 (LA RICOSTRUZIONE). Come ricorda la lapide sotto il monumento di travertino, le vittime di Amatrice sono state 237 sulle 299 complessive. Il premier ha poi lasciato Amatrice in elicottero dopo aver partecipato alle cerimonie. Uscendo dallo stadio, dove è stata celebrata la messa in memoria delle vittime, Draghi si è fermato a salutare e scambiare qualche parola con le persone presenti, per lo più parenti delle vittime. Nel pomeriggio Draghi parteciperà al vertice straordinario del G7 sulla crisi in Afghanistan.
La cerimonia per il quinto anniversario del sisma
A seguire la cerimonia per il quinto anniversario del sisma erano presenti anche rappresentanti delle istituzioni tra cui il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio. Il terremoto aveva travolto anche i paesini di Accumuli, in provincia di Rieti come Amatrice, e di Arquata del Tronto (in provincia di Ascoli Piceno), provocando in tutto 299 morti. Draghi, insieme alle altre autorità, ha fatto il suo ingresso al campo sportivo Paride Tilesi di Amatrice, dove il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, ha celebrato la messa per le vittime del terremoto. Appena entrato, gran parte dei parenti delle vittime seduti nelle prime file, si è alzata in piedi.
La celebrazione della messa ad Amatrice
Oltre al premier e ai rappresentanti delle istituzioni, alla messa erano presenti anche i parenti delle vittime. Tutti si sono accomodati su sedie distanziate per le regole Covid, con mascherine e all'ingresso è stata controllata la temperatura. Alcune sedie sono rimaste vuote. Accanto all'altare c'erano gli stendardi di molti Comuni e, dall'altro lato, il coro vestito di nero che ha aperto la cerimonia con l'Alleluia.
Vescovo Rieti: "Unico antidoto al dolore è l'amore"
"Anche quest'anno abbiamo attraversato la notte per arrivare alle 3:36 quando 5 anni fa la terra ha tremato, le case sono state capovolte e le vite spezzate. Un esercizio duro, faticoso che richiede l'attesa e la rinuncia del sonno, ma la memoria dei nostri cari non può restare un esercizio astratto e disincantato. Richiede un coinvolgimento fisico, mentale e spirituale perché il dolore è sempre vivo e non sopporta di essere esorcizzato in altro modo. L'unico antidoto al dolore è l'amore". L'ha detto il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili durante la messa ad Amatrice.
"Ricostruzione dopo anni di ritardi"
"Nelle terre mosse dell'Appennino - ha proseguito il vescovo - dopo anni di ritardi, sembra avviata finalmente la ricostruzione. Ma ora ci si accorge che non basta ricostruire, ancora prima serve creare un nuovo rapporto tra uomo e ambiente, non solo nelle forme del passato ma lasciandosi provocare dalla natura".
"Non abbiamo bisogno di nuovi presepi ma di borghi attivi"
"Non abbiamo bisogno di nuovi presepi ma di borghi attivi". ha proseguito il vescovo di Rieti. "Perciò faccio una proposta condivisa da tanti e attesa dalla fine dell'800 - ha aggiunto - il ponte più urgente da costruirsi è quello per collegare l'Italia centrale. Secondo un'indagine recente di Bankitalia, il ritardo del centro Italia è dovuto all'arretratezza delle sue infrastrutture". E ha concluso denunciando i problemi di collegamento per qualche centinaio di chilometri tra Adriatico e Tirreno, dove passa la Salaria, definiti "un' imperdonabile leggerezza". Quindi "si tratta di decidere se questa è una idea da cestinare e progettare qui ora e subito".