Matteo Renzi e Lucio Presta indagati per finanziamento illecito

Lazio

Al centro dell'indagine, riporta in un'anticipazione il quotidiano 'Domani', i bonifici del documentario 'Firenze secondo me'. Renzi: "Buon lavoro ai magistrati. Nulla da nascondere"

L'ex premier Matteo Renzi è indagato per finanziamento illecito e false fatturazioni insieme al manager dei vip Lucio Presta. Lo anticipa il quotidiano 'Domani', secondo cui "la procura di Roma ha iscritto il leader di Italia Viva nel registro degli indagati qualche settimana fa, in merito a un'inchiesta sui rapporti economici tra Renzi e l'agente televisivo". Al centro dell'indagine, secondo il giornale, i bonifici del documentario "Firenze secondo me", che finirono nel 2019 in una relazione dell'antiriciclaggio della Uif. 

Il commento di Matteo Renzi

"Buon lavoro ai magistrati. Nulla da nascondere", ha dichiarato Renzi commentando la vicenda. "Certi segnali non mi mettono paura. Non ho paura di nessuno e di niente", ha aggiunto. "Proprio oggi, casualmente, verso le cinque e mezza/sei mi chiama un giornalista e mi dice 'ti comunico che sei indagato dalla Procura di Roma'. Di solito queste comunicazioni le fanno i magistrati, la Polizia giudiziaria, o un avvocato. In Italia invece a un parlamentare queste cose le dice un giornalista. E anche questo è un tema interessante". Matteo Renzi affida a un live su Facebook, prima di intervenire al Senato sul ddl Zan, il commento sulla notizia per dire "male non fare, paura non avere". "Sinceramente, non so in cosa possa sostanziarsi questo avviso - prosegue il leader Iv - perché tutte le nostre attività sono legali, legittime, lecite. Si parla di un'attività professionale che sarebbe finanziamento illecito alla politica, e questo - scandisce Renzi - non sta né in cielo né in terra".

Società Presta: "Fatture regolari"

"Abbiamo saputo di questa indagine solo pochi giorni fa e ci siamo subito messi a disposizione dell'autorità giudiziaria, per chiarire rapporti di collaborazione nel campo delle prestazioni artistiche e autorali da parte di Matteo Renzi, che risalgono a quasi tre anni fa, inerenti il documentario 'Firenze secondo me', di cui si era parlato pubblicamente al momento in cui la società Arcobaleno Tre aveva proposto a Matteo Renzi di produrla con la sua collaborazione autorale e conduzione". Ad affermarlo, in una nota, è Federico Lucarelli, legale di Arcobaleno Tre. "Contrariamente a quanto si legge, si tratta di prestazioni esistenti, regolarmente fatturate all'Arcobaleno Tre e pagate alla persona fisica, quale corrispettivo dell'attività svolta, non al politico o al partito. Stiamo presentando una memoria con documentazione contrattuale e bancaria - conclude la nota - che certamente sarà motivo di attenta valutazione da parte della procura, onde fugare ogni dubbio sulla posizione dei signori Presta". 

La vicenda

L'Espresso segnalò due anni fa come Presta, per il progetto televisivo andato in onda su Discovery, "girò a Renzi quasi mezzo milione di euro, una cifra che appariva fuori mercato. Non solo - sottolinea il 'Domani' - se rapportata alle somme pagate da conduttori di fama come Alberto Angela, ma anche messa a confronto con quanto incassato dai Presta da Discovery: se al tempo fonti interne all'emittente rivelarono che il documentario presentato dal politico era stato comprato per poche migliaia di euro, oggi si scopre che l'Arcobaleno Tre (la società di Presta e del figlio Niccolò - anche lui indagato) ha fatto a Discovery una fattura da appena mille euro, che tra l'altro non risulta ancora incassata". In pratica, afferma il quotidiano, "il documentario, costato quasi un milione di euro tra compenso per Renzi e spese di produzione, ad oggi non ha incassato nulla. I soldi ottenuti dall'amico Presta, già organizzatore della Leopolda, servirono invece a Renzi, nell'autunno del 2018, a restituire parte del prestito da 700mila euro che aveva ricevuto dalla famiglia Maestrelli per l'acquisto della villa di Firenze. Un prestito anomalo che finì nelle maglie dell'antiriciclaggio (i soldi furono bonificati dai Maestrelli attraverso il conto corrente dell'anziana madre, e da qui finirono su quelli dei Renzi), ma in quel caso la procura di Firenze non ravvisò gli estremi del finanziamento illecito, nonostante nel bilancio 2018 dell'azienda dei Maestrelli da cui partì la provvista il destinatario finale del prestito (un politico) non era stato segnalato come vuole la legge sul finanziamento alla politica". "Presta, al tempo - scrive sempre il quotidiano - si giustificò dicendo che per lui l'operazione 'Firenze secondo me' era un investimento nel tempo, e che i diritti sul documentario (che fece meno del 2 per cento di share) avevano a suo giudizio un valore economico di rilievo, e insindacabile. Renzi dal canto suo ha sempre spiegato al suo entourage che non è affar suo se Presta vuole pagarlo come una star del cinema al pari di Benigni o Giancarlo Giannini".

Le accuse

La procura di Roma, però, rileva il giornale, "vuole vederci chiaro sulla regolarità dell'operazione. I sospetti maggiori non riguardano tanto il documentario, visto che il prodotto - al di là dei compensi anomali e fuori mercato per il conduttore-autore - è certamente stato realizzato e messo in onda. I dubbi toccano soprattutto - scrive 'Domani' - altri due contratti e relativi bonifici da centinaia di migliaia di euro a favore di Renzi, scoperti dopo una verifica fiscale nella sede dell'Arcobaleno Tre. Denaro versato dalla società del manager all'ex premier per la cessione dei diritti d'immagine e per alcuni progetti televisivi che i due avrebbero dovuto fare insieme". Nel decreto di perquisizione ai Presta e alla loro Arcobaleno Tre, i pm Alessandro Di Taranto e Gennaro Varone "parlano infatti di 'rapporti contrattuali fittizi, con l'emissione e l'annotazione di fatture relative a operazioni inesistenti, finalizzate anche alla realizzazione di risparmio fiscale, consistente nell'utilizzazione quali costi deducibili inerenti all'attività d'impresa costi occulti del finanziamento della politica'. I programmi ipotizzati non sono infatti mai stati fatti, e soprattutto - conclude il quotidiano - i pagamenti al politico non sono stati iscritti al bilancio".

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