Ragazze investite a Roma, Pietro Genovese condannato in appello a 5 anni e 4 mesi

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Nei suoi confronti l'accusa è di omicidio stradale plurimo. Disposto l'obbligo di dimora. In primo grado, nel dicembre scorso, l'imputato era stato condannato a 8 anni al termine di un processo svolto con il rito abbreviato. L'incidente avvenne la notte del 21 dicembre del 2019 in Corso Francia e costò la vita alle 16enni Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli

Pietro Genovese, il ventenne romano che investì e uccise due studentesse 16enni,

Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli, la notte del 21 dicembre del 2019 in Corso Francia, a Roma, è stato condannato in appello a 5 anni e quattro mesi. Nei suoi confronti l'accusa è di omicidio stradale plurimo. La pena è stata concordata con la procura generale. In primo grado, nel dicembre scorso, l'imputato era stato condannato a 8 anni al termine di un processo svolto con il rito abbreviato. I giudici della corte d'assise di appello hanno ratificato l'accordo tra difesa e procura generale e ciò chiude la vicenda giudiziaria rendendo definitiva la pena inflitta.

Disposto l'obbligo di dimora

Genovese si trovava ai domiciliari un anno e sette mesi. La corte d'assise d'appello ha disposto per lui l'obbligo di dimora a Roma con permanenza nel proprio domicilio dalle 22 alle 7. La difesa di Genovese, rappresentata dall'avvocato Gianluca Tognozzi e Franco Coppi, aveva chiesto la libertà ma la procura generale aveva espresso parere contrario. I giudici hanno optato per una via di mezzo, ritenendo che l'obbligo di dimora possa soddisfare in modo adeguato "l'esigenza cautelare sociale", tenuto conto dell’incensuratezza e del corretto comportamento processuale dell'imputato e del fatto che la patente di guida gli sia stata revocata. Revocate, inoltre, le statuizioni civili riguardanti le posizioni dei familiari delle vittime, che hanno revocato la costituzione di parte civile perché il danno è stato risarcito dall'imputato attraverso l'assicurazione. Genovese è stato condannato a rifondere le spese legali sostenute dalle restanti parti civili, l'associazione 'Vittime della strada onlus' e l'associazione 'Basta sangue sulle strade onlus'.

"Abbiamo sempre voluto la verità e quella è rimasta. La colpa è solo del ragazzo, l'entità della pena non ci interessa, riguarda la coscienza dei giudici", ha commentato la madre di Camilla.

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