La prima sezione penale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro la decisione della Corte di appello di Roma del 26 giugno 2019
È diventata definitiva la condanna a 5 anni e 3 mesi per Sergio Cragnotti emessa nell'ambito del processo per il crac della Cirio. La prima sezione penale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro la decisione della Corte di appello di Roma del 26 giugno 2019. Il processo è finito in Cassazione per la seconda volta. Nell'ottobre 2017, infatti, la Suprema Corte aveva annullato con rinvio la precedente la condanna in appello a 8 anni e 8 mesi. L'appello bis aveva ricalcolato la pena al ribasso, in 5 anni e 3 mesi, confermata oggi dalla Cassazione.
Confermata la sentenza d'appello
La Corte di appello di Roma aveva assolto Cragnotti dal reato di bancarotta per causazione del dissesto della Cirio Holding e della Cirio Finanziaria a seguito dell'acquisto della società Brombil ed aveva determinato in 5 anni e 3 mesi di reclusione la pena per i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale commessi quale amministratore di diritto e di fatto di società del gruppo Cragnotti & Partners (Cirio Holding, Cirio Finanziaria Spa, Cirio Del Monte NV, Cirio Del Monte Italia Spa, Cirio Finance Luxembourg s.a., Cirio Holding Luxembourg s.a., Del Monte Finance Luxembourg s.a.).
La difesa di Cragnotti: “Vicenda lunga e sofferta”
“Oggi si chiude una vicenda lunga e sofferta iniziata nel 2003. La posizione del mio assistito era già stata molto ridimensionata dalla prima decisione della Cassazione che aveva rimandato il procedimento in corte d'appello a Roma per il riconteggio della pena”, afferma l'avvocato Nicoletta Piergentili commentando la decisione della Suprema corte. "Cragnotti non rischia di rientrare in carcere alla luce dell'età e del periodo di detenzione già compiuto - aggiunge il penalista- Questa vicenda ha coinvolto una intera famiglia, la posizione dei figli era già stata definita positivamente".