Secondo il tribunale amministrativo regionale "non c'è ragione sanitaria alcuna per cui non debba essere svolto da più soggetti possibili il solo esame diagnostico che al momento consente di individuare i soggetti infetti"
Il Tar del Lazio ha emesso una sentenza in cui stabilisce che sono nulli i provvedimenti con i quali la Regione ha stabilito che i laboratori d'analisi privati non sono autorizzati all'esecuzione dei tamponi nasofaringei e/o orofaringei per la diagnosi di laboratorio del virus Sars Cov-2 (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA - MAPPE E GRAFICI - L'EMERGENZA IN LAZIO) se non ricompresi nella rete Coronet. Il Tar ha accolto un ricorso proposto da Artemisia Spa, rete di centri diagnostici capitolini secondo la quale in virtù dei provvedimenti regionali i suoi laboratori, a suo tempo inseriti nell'elenco di quelli regionali in grado di effettuare test sierologici per l'identificazione di anticorpi diretti verso il virus, non possono più eseguire tale tipo di esami.
"Non c'è ragione sanitaria per cui l'esame non debba essere svolto da più soggetti possibili"
Il Tar ha precisato che "la sezione ha costantemente affermato come nella gestione dell'epidemia si confrontino costantemente due principi di pari valore e considerazione, vale a dire quello di precauzione e quello di proporzionalità". Inoltre, secondo il Tar, tutte le misure adottate dai vari gradi di competenza istituzionale "si sono mosse privilegiando ora l'uno o l'altro dei ridetti principi", a seconda dello "stadio di emergenza, momenti base dell'azione di protezione civile più latamente intesa, prevenzione, emergenza e ripristino", e che "l'esperienza sin qui maturata fornisce elementi di conferma circa l'efficienza del sistema Coronet Lazio e la sua idoneità al conseguimento degli obiettivi generali stabiliti, stante il buon andamento dei dati statistici riguardanti il numero dei test effettuati ed i tempi occorrenti alla loro esecuzione".
Per i giudici, però, "è fondata la doglianza esposta col primo motivo di ricorso secondo cui non c'è ragione sanitaria alcuna per cui non debba essere svolto da più soggetti possibili - senza che ciò determini una sottrazione di risorse pubbliche (né finanziarie, né materiali) - il solo esame diagnostico che al momento consente di individuare i soggetti infetti e di applicare quindi quei protocolli di tracciamento e isolamento che sono l'unica vera alternativa al confinamento generalizzato". Quindi, secondo il Tar, "risponde al principio di precauzione la massimizzazione della possibilità di esame mediante strutture specializzate a ciò dedicate, e mediante l'effettuazione della panoplia di esami che la scienza individua e riconosce come utili allo scopo e in tal senso va accolto il ricorso proposto laddove contesta il divieto imposto sull'assunto della sufficienza delle sole strutture pubbliche".