Roma, a causa del coronavirus chiusi 5000 esercizi commerciali

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"Siamo a più di 5mila. In ogni strada del commercio, da via Tuscolana a via Veneto, in periferia e soprattutto nel centro storico, si contano circa dieci o venti negozi con le serrande abbassate", ha affermato Valter Giammaria, presidente di Confesercenti Roma

A Roma il bilancio della crisi innescata dall'epidemia di Covid-19 è pesante: la Confesercenti che a luglio aveva denunciato nella capitale la scomparsa di 3mila esercizi tra negozi, bar e ristoranti, adesso aggiorna la cifra. "Siamo a più di 5mila - informa Valter Giammaria, presidente di Confesercenti Roma - in ogni strada del commercio romano, da via Tuscolana a via Veneto, in periferia e soprattutto nel centro storico, si contano circa dieci o venti negozi con le serrande abbassate". (DIRETTA)

Chiudono anche i negozi storici

A fronte di una buona notizia come la riapertura della storica pasticceria Cavalletti di via Nemorense annunciata per oggi, 28 settembre, sono in tanti quelli che invece chiudono: dal panificio Lucarelli di via Simeto aperto nel '51 alla pelletteria Soliani di Porta Pia, con una storia cominciata nel '45 fino a un pilastro della storia della ristorazione romana come l'antico caffè San Pietro fondato nel 1775, punta dell'iceberg di una zona che, privata del turismo religioso e non, di cui tradizionalmente viveva prima della pandemia, soffre ancor più di via Condotti e dintorni.

"Oggi gli incassi sono al 20 per cento di quelli pre-Covid, con 150 milioni di mancate entrate mensili, il turismo è fermo e lo smart working tiene a casa ancora molti romani - informa Giammaria - se non ci saranno degli interventi mirati si arriverà alla chiusura del 30 per cento degli esercizi. Per non parlare del disastro sociale in arrivo: se a dicembre non verrà rinnovata la cassa integrazione i licenziamenti dei dipendenti saranno inevitabili e la situazione si farà molto critica".

La situazione nel centro storico

Difficoltà anche al quartiere Prati con via Ottaviano piena di serrande abbassate, ma il più penalizzato dalle chiusure è il centro storico "con negozi smantellati ovunque, da via Nazionale a via del Corso, passando per via Veneto", osserva Giammaria. Un centro ferito colpito dall'assenza di turisti, dagli affitti alti, dallo smart working che tiene ancora casa tanti impiegati pubblici e dalla Ztl ripristinata a settembre. L'epicentro del terremoto commerciale da crisi Covid è localizzato a via Frattina, ormai ex salotto di Roma che conduce da via del Corso a piazza di Spagna: qui i negozi con le serrande abbassate e i cartelli cedesi attività sono addirittura 24. Anche in via del Gambero si parla di di "giornate e a zero scontrini". Resistono, pochi metri più avanti, piazza di Spagna e via Condotti, ma soltanto perché, spiega Davide Sermoneta, presidente di Confcommercio centro Roma e titolare della boutique Alexander a piazza di Spagna, sono motivati a non mollare la posizione privilegiata. "Finché si riesce, si resiste, ma è tutto fermo – dice Sermonetta - mancano i turisti, i residenti, i dipendenti che con lo smart working restano lontani dal centro". Definendo "irrisori" gli aiuti del governo al commercio, Sermoneta giudica "sconsiderata" (una petizione di Confcommercio chiede una marcia indietro al Comune), la riattivazione, da settembre, dei varchi della Ztl: "Non ce n'era alcun motivo, visto lo scarso traffico in centro storico – chiarisce Sermonetta - e in questo mondo si disincentivano i pochi clienti romani che si affacciavano nei nostri negozi. Oggi, con il timore di una seconda ondata di coronavirus, si sale sui bus solo quando non se ne può fare a meno, non certo per andare fare shopping in centro".

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