“Grave degrado ambientale”, sequestrato campo nomadi di Castel Romano

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Il provvedimento, emesso dal Tribunale ordinario della Capitale ed eseguito stamattina dalla polizia locale, ha interessato l'intero "Villaggio della Solidarietà”, 65mila metri quadrati all'interno dell'area naturale Protetta di Decima Malafede

In relazione al “gravissimo degrado ambientale" della zona, il campo nomadi di Castel Romano, mega insediamento alle porte della Capitale, è stato sequestrato questa mattina dalla Polizia locale su disposizione del Tribunale Ordinario di Roma. Discariche abusive e roghi tossici, oltre al rifiuto d'atti d'ufficio da parte di pubblici ufficiali - tutto a carico di ignoti - sono le ipotesi di reato dei magistrati romani, che descrivono un quadro di "pericolo per la salute e l'incolumità degli occupanti". Il provvedimento ha interessato l'intero "Villaggio della Solidarietà”, 65mila metri quadrati all'interno dell'area naturale Protetta di Decima Malafede, al km 23,400 della via Pontina, dove vivono circa 500 persone, di cui la metà bambini.

Il sequestro

Il sequestro, eseguito dagli agenti del Reparto Tutela Ambientale ed Urbanistica della U.O. S.P.E e del Comando Generale, è scaturito dopo attività di polizia giudiziaria, volte al controllo e alla repressione delle attività illecite in materia ambientale, con ipotesi di reato relative all'art. 328 del codice penale e dagli articoli 256 e 256 bis del Testo unico ambientale. L'autorità giudiziaria ha disposto che la Polizia Locale di Roma Capitale dovrà vigilare sulle operazioni di custodia e bonifica che verranno attivate.

Il gip: “Aree completamente invase da rifiuti”

In assenza di "provvedimenti realmente utili ed efficaci" scrive il gip, oggi le aree del campo "sono completamente invase di rifiuti anche pericolosi di qualsiasi natura e tipologia" tra cui "carcasse di auto bruciate in stato di abbandono" e "carogne di topi". E inoltre "cavi volanti", "costruzioni pericolanti" e "sistemi di smaltimento dei liquami in completo stato di disuso e abbandono". "Buona parte della popolazione residente" si approvvigiona d'acqua "tramite taniche riempite per mezzo di piccoli condotti di acqua liberi al suolo”, aggiunge il giudice.

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