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Consulta su aiuto a suicidio: nessun obbligo per i medici

Lazio
Il Palazzo della Consulta (ANSA)

La Corte Costituzionale si è pronunciata sulla sentenza sul fine vita del settembre scorso, in cui si legge che non costituisce istigazione al suicidio l'aiuto a un paziente consapevole, che si trova in uno stato di malattia irreversibile che gli procura insopportabili

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Per la Corte Costituzionale non è punibile chi aiuta al suicidio "una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli".
Lo si legge nelle motivazioni, depositate oggi, della sentenza sul fine vita dello scorso 25 settembre, sulla quale la Consulta si è pronunciata su richiesta dei giudici milanesi che hanno celebrato il processo a Marco Cappato, che aveva accompagnato in Svizzera Dj Fabo (IL CASO) per il suicidio assistito.
Non punibilità, però, solo a determinate condizioni, a partire da una "procedura medicalizzata". Condizioni, sottolinea la Corte, che dovranno essere verificate da una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale. (COSA CAMBIA DOPO LA SENTENZA)

Nessun obbligo per i medici

La Consulta specifica poi che la sentenza non crea "alcun obbligo di procedere a tale aiuto in campo ai medici". Pertanto "resta affidato alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi o no ad esaudire la richiesta del malato".

Businarolo: "Costruire un percorso legislativo condiviso"

Le motivazioni della sentenza della Consulta sull'eutanasia "saranno - come già annunciato - oggetto di un'attenta discussione da parte degli uffici di presidenza delle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera". A dirlo è la presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, Francesca Businarolo. "È chiaro - aggiunge - che ora sarà messa alla prova la volontà del Parlamento di esprimere una legge che possa recepire i principi stabiliti in modo molto chiaro dalla sentenza, e cioè che non costituisce istigazione al suicidio l'aiuto dato a un paziente consapevole che si trovi in uno stato di malattia irreversibile e che gli procuri insopportabili sofferenze. Dentro questi binari - conclude Businarolo - io spero vivamente che si possa costruire un percorso legislativo condiviso".