Si tratta di un tentativo di estorsione che viene messo in atto, a seguito di un furto, ai danni del legittimo proprietario dei beni sottratti
Il vice brigadiere ucciso nella notte a Roma, in zona Prati, era intervenuto insieme a un altro collega per sventare un tentativo di estorsione, messo in atto da alcuni ladri, noto in gergo con il nome di “cavallo di ritorno”. Si tratta di una tecnica che viene utilizzata a seguito di un furto e che sfrutta la volontà del legittimo proprietario a rientrare in possesso di quanto gli è stato rubato. Solitamente il ladro, dopo aver messo al sicuro la refurtiva, si mette in contatto con la vittima del furto grazie ai dati generalmente presenti nei beni sottratti (per esempio borse contenenti agende, portafogli).
Lo scambio
Poi il ladro propone alla vittima del furto uno scambio: la restituzione della refurtiva per una somma di denaro che in genere si aggira intorno ai 100 euro. Questa stessa cifra sarebbe stata chiesta dai ladri che poi hanno accoltellato il carabiniere. Il legittimo proprietario può accettare lo scambio, rinunciare a riavere quanto gli è stato sottratto o sporgere denuncia alle forze dell'ordine, le quali interverranno per catturare il malvivente e recuperare la refurtiva.