Mafia, minacce ed estorsioni: arresti tra Roma e Catania
LazioIl blitz è stato eseguito contro presunti appartenenti al clan Fragalà. Nel corso dell'attività investigativa, i militari hanno sequestrato anche un documento manoscritto di affiliazione mafiosa
Arresti e perquisizioni sono stati eseguiti dai carabinieri contro presunti appartenenti al clan Fragalà tra le province di Roma e Catania. Nel mirino numerosi soggetti ritenuti responsabili di intimidazioni a commercianti e imprenditori, estorsioni, minacce e attentati nell'area a sud della Capitale tra Ardea, Pomezia e Torvajanica. Trentuno gli arresti fra Roma e Catania.
Le indagini
Per chi indaga il gruppo dei Fragalà avrebbe stipulato un patto "federativo" con i Casalesi, i Fasciani e Senese. Le indagini, durate due anni, sono state corroborate anche da riscontri di un collaboratore di giustizia e hanno consentito di ricostruire l'organigramma del clan. Secondo le indagini ai vertici dell'organizzazione c'erano Alessandro Fragalà, di 61 anni, il nipote Salvatore di 41 anni, e Santo D'Agata 61 anni, che sarebbero stati in costante contatto con gli ambienti mafiosi catanesi sia per la gestione dei traffici illeciti sia per reclutare manodopera criminale per lo svolgimento dell'attività delittuosa nel Lazio. Durante l'attività investigativa, nel corso della quale è stato sventato un sequestro di persona con la liberazione dell'ostaggio e l'arresto di otto sequestratori, è emerso che i presunti appartenenti al clan gestivano il traffico di cocaina, marijuana e hashish dalla Colombia e dalla Spagna grazie ad alleanze con gruppi campani e siciliani. I militari hanno sequestrato anche un documento manoscritto di affiliazione mafiosa.
Esponenti del clan intercettati
"Qua se c'è qualcuno che comanda sono i Fragalà e basta". È quanto afferma, in un'intercettazione citata nell'ordinanza cautelare, Ignazio Fragalà arrestato dai carabinieri del Ros nell'operazione coordinata dai magistrati della Dda che ha portato all'emissione di una trentina di provvedimenti cautelari in carcere. Nell'intercettazione ambientale, che risale al 5 febbraio del 2016, l'esponente del clan mafioso attivo sul litorale romano afferma: "A Torvajanica abbiamo sempre comandato noi". In base a quanto scrive il Gip Corrado Cappiello, il gruppo criminale puntava al controllo dell'attività commerciale sul territorio pontino al punto da mettere in atto intimidazioni nei confronti dei proprietari di una pasticceria che stava per aprire a Torvajanica nonostante questi ultimi, secondo l'impianto accusatorio, avessero a loro volta contatti con la 'ndrangheta. In un'altra intercettazione Santo D'Agata, esponente dei Fragalà, si rivolge a Leonardo Guiderdone. "Ti do un consiglio e cerca di ascoltare, non aprire la pasticceria! È meglio per te. Tu hai voluto scavalcare Ignazio. O ci dai le chiavi oppure puoi aprire però sappi che all'indomani in poi tutto quello che ti succede siamo noialtri. Io ti sto solo dando un consiglio, poi decidi tu quello che vuoi fare".
Le parole di Alessandro Fragalà
"Io quando mi sento tradito da qualcuno, che potrebbe anche essere mio padre o mio figlio, io gli sparo. Dice 'che ammazzeresti tuo figlio?', 'sì, sì, perchè no? Se mio figlio cammina con me e facciamo il reato insieme e mi tradisce, io lo ammazzo". Sono le parole di Alessandro Fragalà intercettate dai carabinieri del Ros nel 2015 e citate nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Roma su richieste dei magistrati della Dda.
Arrestato il braccio destro del boss mafioso Pippo Calò
In un'altra intercettazione, contenuta nell'ordinanza dell'operazione contro il clan Fragalà, si parla di Francesco D'Agati, arrestato oggi e considerato un mediatore tra i vari gruppi criminali. A lui si riferiscono con queste parole: "È un pezzo grosso... U' zio Ciccio è reggente di Palermo. È quello che oggi rappresenta la mafia qua Roma". Per gli inquirenti, infatti, D'Agati è legato a Cosa Nostra ed è stato il braccio destro del boss mafioso Pippo Calò. D'Agati avrebbe avuto un ruolo di mediatore per mantenere la "pax" tra gruppi criminali presenti sul quel territorio.
Le donne in manette
In manette anche Astrid Fragalà, ex presidente di Confcommercio di Pomezia. La donna si trova ora ai domiciliari. Per gli inquirenti avrebbe svolto un ruolo di "cerniera" tra il padre Alessandro, individuato a capo dell'organizzazione, ed "esponenti della politica e dell'econonomia" di Pomezia. Contatti, anche con alcuni consiglieri comunali che sono estranei all'indagine, "finalizzati al condizionamento dell'amministrazione comunale". Sono state arrestate anche altre due donne. Per gli inquirenti erano "soldati della cosca" che dovevano tessere rapporti con società e politica.
Otto misure cautelari nei confronti di appartenenti alla famiglia Spada
I carabinieri di Frosinone hanno eseguito otto misure cautelari anche nei confronti di appartenenti alla famiglia Spada accusati, a vario titolo, di traffico di droga, spaccio ed estorsioni. Dalle indagini è emerso che gli arrestati gestivano lo spaccio di cocaina e mettevano a segno estorsioni con metodi tipicamente mafiosi, utilizzando anche il 'pesò del loro nome e della parentela con i Casamonica.
Le dichiarazioni di Matteo Salvini
"Arresti e perquisizioni tra Roma e la Sicilia: così i carabinieri del Ros, coordinati dalla Dda della Capitale, hanno fatto pulizia con un duro colpo al clan mafioso Fragalà. Questa è una notizia che fa cominciare bene la giornata". Lo dice il ministro degli Interni, Matteo Salvini, ringraziando le forze di polizia e gli inquirenti. "La lotta ai criminali non si ferma mai", ha aggiunto.