Caso Cucchi: rischio processo per 8 carabinieri, anche degli ufficiali

Lazio
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Rischiano anche il generale Alessandro Casarsa (all'epoca dei fatti capo del Gruppo Roma) e il colonnello Lorenzo Sabatino (ex capo del nucleo operativo di Roma)

La Procura di Roma ha chiuso l'indagine sui depistaggi relativi alla morte di Stefano Cucchi. Rischiano di finire sotto processo otto carabinieri, tra cui il generale Alessandro Casarsa (all'epoca dei fatti capo del Gruppo Roma) e il colonnello Lorenzo Sabatino (ex capo del nucleo operativo di Roma). I reati contestati, a seconda delle posizioni, sono falso, omessa denuncia, favoreggiamento e calunnia.

L'atto di chiusura delle indagini

Inoltre, l'atto di chiusura delle indagini, riguarda anche Francesco Cavallo (all'epoca dei fatti tenente colonnello capoufficio del comando del Gruppo Roma), Luciano Soligo (all'epoca maggiore e comandante della Compagnia Montesacro), Massiliano Colombo Labriola (all'epoca comandante della stazione di Tor Sapienza), Francesco Di Sano (all'epoca in servizio a Tor Sapienza), Tiziano Testarmata (comandante della quarta sezione del Nucleo investigativo) e il carabiniere Luca De Cianni.

PM: "Partita da Casarsa la catena dei falsi sulla salute"

La catena dei falsi legata alle note sullo stato di salute di Cucchi, dopo l'arresto, parte da Alessandro Casarsa, all'epoca comandante del gruppo carabinieri di Roma. Questo è quanto emerge dal capo di imputazione presente nell'atto di chiusura delle indagini. In particolare, i magistrati di piazzale Clodio contestano il reato di falso ideologico a Casarsa, Cavallo, Di Sano, Colombo Labriola e Soligo. I PM affermano che gli indagati "avrebbero attestato il falso in un'annotazione di servizio, datata 26 ottobre 2009, relativamente alle condizioni di salute di Cucchi". Inoltre, per allontanare i sospetti e garantire "l'impunità dei carabinieri della stazione Appia", secondo la Procura di Roma, fu redatta una seconda nota sullo stato di salute di Stefano Cucchi, con la data truccata del 26 ottobre, nella quale si attestava falsamente che "Cucchi riferiva di essere dolorante alle ossa sia per la temperatura fredda/umida che per la rigidità della tavola del letto ove comunque aveva dormito per poco tempo, dolenzia accusata per la sua accentuata magrezza' omettendo ogni riferimento alle difficoltà di deambulare accusate da Cucchi". 

La seconda nota falsa

"Uno stato di malessere verosimilmente attribuito al suo stato di tossicodipendenza". Questo, invece, è il contenuto di una seconda nota falsa sullo stato di salute di Cucchi. La procura sottolinea che il carabiniere scelto Gianluca Colicchio (non indagato) era stato "indotto a sottoscrivere il giorno dopo una nota in cui falsamente attribuiva allo stesso Cucchi uno stato di malessere generale, verosimilmente attribuito al suo stato di tossicodipendenza, omettendo ogni riferimento ai dolori al capo e ai tremori manifestati dall'arrestato".

Due ufficiali sapevano dei falsi, ma non denunciarono

Da quanto ricostruito dai PM, gli ufficiali dei carabinieri Lorenzo Sabatino e Tiziano Testarmata pur avendo accertato che erano false le due annotazioni sullo stato di salute di Cucchi dell'ottobre del 2009 hanno "omesso di presentare denuncia". I due, accusati di omessa denuncia e anche di favoreggiamento per avere aiutato "i responsabili ad eludere le investigazioni delle autorità", delegati "all'acquisizioni di atti riguardanti gli adempimenti successivi all'arresto di Cucchi, resisi conto che due annotazioni di pg erano ideologicamente false omettevano di presentare denuncia".

Fotosegnalamento alterato

Tra gli episodi contestati, c'è anche la vicenda del fotosegnalamento di Stefano Cucchi, dopo il suo arresto. In particolare, i PM contestano al comandante Tiziano Testarmata il favoreggiamento in quanto l'ufficiale recatosi "il 4 novembre del 2015 presso la compagnia Casilina per acquisire una serie di atti" si è reso conto che "il registro delle persone sottoposte a fotosegnalamento della Compagnia di Roma Casilina era stato alterato". In particolare, "era stato cancellato con il bianchetto il passaggio di un soggetto dalla sala Spis nella giornata del 16 ottobre del 2009 (giorno dell'arresto di Cucchi)". Secondo l'accusa Testarmata ha "omesso di prelevare il registro in originale nonostante fosse stato ripetutamente ed esplicitamente stimolato in tal senso dal maggiore Pantaleone Grimaldi (comandante della compagnia Casilina) e dal tenente Carmelo Beringheli (comandante del nucleo operativo di Casilina)".

Carabiniere calunniò supertestimone Riccardo Casamassima

Inoltre, la Procura di Roma contesta il falso ideologico e la calunnia nei confronti del carabiniere Luca De Cianni. Nel capo di imputazione si fa riferimento a una nota di polizia giudiziaria che l'indagato ha redatto il 18 ottobre scorso e che faceva riferimento a un incontro avuto con il collega Riccardo Casamassima, il "supertestimone". Secondo l'accusa, nella nota De Cianni ha attestato il falso attribuendo a Casamassima una serie di dichiarazioni. "Casamassima gli aveva riferito che alcuni carabinieri della stazione Appia avevano colpito con schiaffi Stefano Cucchi, ma che non si era trattato di un pestaggio; che Cucchi si era procurato le lesioni più gravi compiendo gesti di autolesionismo; e che lo stesso Casamassima avrebbe chiesto una somma di denaro a Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, e in cambio avrebbe fornito all'autorità giudiziaria dichiarazioni gradite alla stessa sorella". Il reato di calunnia è legato a quanto affermato da De Cianni, il 2 novembre scorso, davanti agli agenti della squadra mobile. Il carabiniere "ha ribadito quanto già attestato nella predetta annotazione - è detto nel capo di imputazione - e implicitamente accusava Casamassima, sapendolo innocente, del reato di false informazioni al pm, falsa testimonianza e di calunnia".

Ilaria Cucchi: "Chi ci ha fatto soffrire, ne risponderà"

"In questi momenti di difficoltà emotiva per la nostra famiglia è di conforto sapere che coloro che ci hanno provocato questi anni di sofferenza in processi sbagliati verranno chiamati a rispondere delle loro responsabilità. È un'enorme vittoria per la nostra famiglia e la nostra giustizia". Così Ilaria Cucchi ha commentato la chiusura, da parte della Procura di Roma, dell'indagine sui depistaggi relativi alla morte del fratello.

La vicenda

Il 15 ottobre 2009 il geometra 31enne viene arrestato perché in possesso di droga. Sette giorni dopo muore all'ospedale Sandro Pertini di Roma. Per la morte di Stefano Cucchi vengono inizialmente rinviati a giudizio sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria. Ma nella sentenza di primo grado del giugno 2013 gli unici condannati, per omicidio colposo, sono i medici dell’ospedale Pertini. Assolti invece tre infermieri e tre agenti penitenziari. Davanti ai giudici d'appello, il 31 ottobre 2014, viene ribaltato tutto: assolti tutti gli imputati per insufficienza di prove, senza distinzione di posizioni. Ilaria Cucchi annuncia ricorso in Cassazione. Inizia un processo di appello-bis per omicidio colposo per i medici, ma c'è una nuova assoluzione per i dottori. Nel 2017 la Cassazione annulla quest’ultima assoluzione, ma il giorno successivo il reato finisce in prescrizione.

La vicenda giudiziaria

La vicenda giudiziaria non finisce qui. La tenacia di Ilaria Cucchi e della sua famiglia portano, alla fine del 2015, all'avvio di un’inchiesta-bis. Nel gennaio 2017 la procura di Roma conclude le indagini e chiede il rinvio a giudizio nei confronti dei tre carabinieri che hanno arrestato Stefano Cucchi, per omicidio preterintenzionale, e di altri due militari, per calunnia e falso. Il 10 luglio 2017 i Gup accolgono la richiesta della Procura e rinviano a giudizio i carabinieri. L'11 ottobre 2018 arriva una svolta nel processo-bis. Per la prima volta c'è l'ammissione di un pestaggio: Francesco Tedesco, uno dei tre carabinieri a processo per omicidio preterintenzionale e abuso di autorità, chiama in causa due colleghi e li accusa di aver picchiato Cucchi provocando quella "rovinosa caduta" e quelle numerose lesioni che secondo i pm lo portarono alla morte. 

Nuovo filone di indagine

Si apre per la falsificazione degli atti sul pestaggio di Cucchi. Il reato contestato è di falso ideologico. Vengono iscritti nel registro degli indagati altri tre carabinieri: il maggiore Luciano Soligo, allora comandante della compagnia Talenti Montesacro, il luogotenente Massimiliano Colombo (comandante della Stazione Tor Sapienza) e il carabiniere scelto Francesco Di Sano. Uno di loro, Di Sano, aveva già dichiarato di aver dovuto, dopo un ordine gerarchico, modificare il verbale sullo stato di salute di Cucchi. I tre si aggiungono agli altri cinque carabinieri già a processo (i tre che arrestarono Cucchi per omicidio preterintenzionale e altri due per calunnia e falso). 

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