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Morte di Marco Vannini, i giudici: “Fu omicidio colposo”

Lazio
Foto di archivio

Secondo la Corte d'assise d'Appello di Roma "Antonio Ciontoli esplose in maniera colposa un colpo di pistola che attinse Marco Vannini" e poi avrebbe "evitato l'attivazione di immediati soccorsi"

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"Antonio Ciontoli esplose colposamente un colpo di pistola che attinse Marco Vannini". Così si sono espressi i giudici della prima Corte d'assise d'Appello di Roma nelle motivazioni della sentenza con la quale hanno condannato a cinque anni di reclusione Antonio Ciontoli per avere ucciso Vannini, il 18 maggio 2015 a Ladispoli, vicino a Roma. I giudici osservano che "Ciontoli ha consapevolmente e reiteratamente evitato l'attivazione di immediati soccorsi" per "evitare conseguenze dannose in ambito lavorativo".

La ricostruzione

Secondo la ricostruzione dell'epoca, Vannini si trovava a casa della fidanzata, nella vasca da bagno, quando nella stanza è entrato Ciontoli per prendere da una scarpiera un'arma dalla quale è partito il colpo che ha ferito il ragazzo. Secondo l'accusa, ci sarebbe stato un ritardo "consapevole" nei soccorsi. Le condizioni di Vannini si sarebbero aggravate, fino a provocarne la morte. A processo sono finiti tutti i componenti la famiglia Ciontoli. In primo grado, Antonio Ciontoli è stato condannato a 14 anni per omicidio volontario, i figli e la moglie a tre anni per omicidio colposo. Nel processo d'appello la condanna è stata ridotta a 5 anni per il capofamiglia, il reato è stato riqualificato in omicidio colposo. Confermata, invece, la sentenza di primo grado per i familiari.

La sentenza

La condotta di Ciontoli nella vicenda che ha portato alla morte di Vannini "appare estremamente riprovevole sotto il profilo etico, ma il fatto di trovarsi alle prese con un imputato la cui condotta è particolarmente odiosa non può di per sé comportare che un fatto colposo diventi doloso. Nel rispetto del principio del 'favor rei', dunque, la condotta di Ciontoli va qualificata come sorretta da colpa cosciente". Tuttavia, vista "la gravità della condotta tenuta dall'imputato, della tragicità dell'accaduto, all'assenza di significativi tratti di resipiscenza", la corte ha deciso per Ciontoli il massimo della pena stabilita per l'omicidio colposo: 5 anni. Diverso il ragionamento per i suoi familiari che, per la corte, "difettavano della piena conoscenza delle circostanze e proprio in considerazione della non provata consapevolezza circa la natura del colpo esploso, delle rassicurazioni di Antonio Ciontoli e delle caratteristiche della ferita, si deve ritenere non sufficientemente certo che essi si siano rappresentati con la lucidità e la nettezza del padre la possibilità dell'evento mortale".

Il comportamento di Ciontoli

Ciontoli mentì "nel tentativo di ridurre la portata di responsabilità in quel momento, peraltro, già emerse". Il giudice di primo grado, "per giustificare il dolo, accredita a Ciontoli un comportamento lucido nel mendacio, nel ritardo dei soccorsi, nel minimizzare anche davanti al Pm, e, al contempo, lo grava di una condotta irrazionale e immotivata laddove sostiene che egli ha 'omesso di prendere in considerazione il più grave costo che la morte avrebbe comportato. Ma se così fosse, sin dall'inizio, sin dallo sparo, cioè, si dovrebbe ipotizzare il nesso consapevolezza-accettazione dell'evento morte. Le richieste di soccorso, ancorché condotte con modalità inaccettabili e mendaci, resterebbero prive di senso".