Per l'accusa, i soldi della droga sarebbero stati riciclati in ristoranti, bar e in una squadra di calcio alla Maddalena, grazie all'aiuto di un avvocato
Condanne per un totale di 193 anni di reclusione sono state chieste martedì 13 novembre dal Procuratore Generale Pietro Catalani, nei confronti di 19 persone, ritenute membri di un gruppo criminale legato alla famiglia Cordaro e dedito al traffico di stupefacenti. Gli imputati sono già stati condannati in primo grado, con rito abbreviato, a più di due secoli di carcere, il processo d'appello è ormai alla battute finali.
Il processo
La condanna più alta, 16 anni di reclusione, è stata chiesta per Natascia Cordaro, ritenuta dalla procura "la più presente nella banda, con un ruolo egemone, è colei che gestisce la 'cassa comune', ha potere decisionale, di controllo e di comando". Con la donna, il Pg ha chiesto di condannare Giuseppe Cordaro, fratello di Natascia, a 15 anni di carcere. Per gli altri imputati, invece, le pene richieste vanno dai 10 ai 4 anni di reclusione. I reati contestati a vario titolo agli imputati vanno dall'associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, in riferimento a molteplici episodi di spaccio, alla violazione della normativa sulle armi, passando per il riciclaggio, la ricettazione la truffa ai danni dello Stato e falso.
Le indagini
Articolata è stata l'attività investigativa condotta dalla Squadra mobile capitolina che ha portato a ipotizzare l'esistenza di un sodalizio criminale, riconducibile alla famiglia Cordaro, dedito al traffico di stupefacenti, con la base operativa nel quartiere romano di Tor Bella Monaca. Per l'accusa, i soldi della droga sarebbero stati riciclati in ristoranti, bar e in una squadra di calcio alla Maddalena, grazie all'aiuto di un avvocato compiacente. Nel corso delle indagini è stato scoperto un appartamento bunker dove venivano nascoste, armi, droga e persino i documenti contabili, spese e incassi, del gruppo criminale.