Dal Pci al Quirinale: l'ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano compie 95 anni
PoliticaUnico nella storia repubblicana a essere eletto capo dello Stato per due mandati, ha attraversato tutti i momenti più decisivi per l'Italia dalla fine della guerra in poi. Nato a Napoli nel 1925, è stato tra gli esponenti più importanti del Partito comunista italiano, prima nell'ala riformista e poi alla guida di quella "migliorista". Tra gli incarichi ricoperti anche quello di ministro dell'Interno, di presidente della Camera e di europarlamentare
Storico dirigente del Partito comunista italiano, presidente della Camera e ministro degli Interni, e unico a essere eletto per due mandati da presidente della Repubblica. Compie 95 anni Giorgio Napolitano, una delle figure storiche della politica e della sinistra italiana. Una vita spesa prima nel partito e poi nelle istituzioni, attraversando tutti i momenti più importanti e più critici della storia italiana dalla Liberazione al dopoguerra, fino allo scioglimento del Pci, a Tangentopoli e alla Seconda Repubblica. Napolitano è stato parlamentare quasi ininterrottamente dalla II alla XII legislatura, ovvero dal 1953 al 1996, saltando solo la IV. Ha recitato un ruolo importante nella storia del Pci, con due momenti particolarmente significativi: il 1956, quando approva l’invasione sovietica dell’Ungheria, e nel 1968, quando invece condanna quella della Cecoslovacchia. All’interno del Pci è stato prima un riformista, poi capo della corrente cosiddetta dei “miglioristi”. Dagli anni ’90 i ruoli più istituzionali e nel 2006 l’elezione a capo dello Stato, riconfermata, per la prima volta nella storia, nel 2013 (TUTTI I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA).
I primi anni e il periodo universitario nei Guf
Giorgio Napolitano è nato a Napoli il 29 giugno del 1925. Suo papà, Giovanni, era un avvocato e poeta originario di Gallo di Comiziano, un piccolo paese nell’hinterland di Napoli. La madre, Carolina Bobbio, era invece di origini piemontesi. Napolitano trascorre i primi anni di vita a Napoli nei Quartieri Spagnoli. Studia al liceo classico Umberto I di Napoli, a parte l’ultimo anno, che trascorre a Padova dove si era trasferita la famiglia. Si diploma nel 1942 al liceo “Tito Livio”. Napolitano si iscrive poi alla facoltà di giurisprudenza della Federico II di Napoli. Durante quegli anni entra a far parte del Guf (Gruppi universitari fascisti) locali, e collabora con il settimanale IX Maggio dove tiene una rubrica di critica cinematografica e teatrale. Già in questi anni, comunque, insieme alla sua cerchia di amici – molti dei quali erano proprio nel Guf napoletano - comincia a guardare all’antifascismo pur mantenendo ufficialmente la militanza nel fascismo.
L’ingresso nel Pci
Nel 1945 Napolitano fa il suo passo e dopo essere entrato a contatto con il gruppo di comunisti napoletani, entra ufficialmente nel Pci. Due anni dopo, nel 1947, si laurea in giurisprudenza con una tesi di economia politica dal titolo: “Il mancato sviluppo industriale del Mezzogiorno dopo l'Unità”. Alcuni anni dopo la Liberazione, nel 1953, viene eletto per la prima volta deputato. È l’inizio di una lunga carriera che lo vedrà quasi sempre riconfermato in Parlamento – unica eccezione la IV legislatura - nella circoscrizione di Napoli, fino al 1996. Napolitano diventerà una delle figure più importanti del Pci fino al suo scioglimento e poi del Pds.
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L’invasione sovietica dell’Ungheria
Napolitano si è sempre definito un allievo di Giorgio Amendola, dirigente del Pci e figlio di Giovanni Amendola, giornalista e deputato ucciso nel 1926 un un pestaggio di un gruppo di fascisti. Napolitano aderisce alla corrente riformista del Pci, che vuole la cosiddetta “via italiana al socialismo”, attraverso graduali riforme e con l’aiuto dei partiti socialisti italiani, ispirandosi ai partiti socialdemocratici europei. L’adesione alla corrente più moderata del Pci non è stata però immediata e lineare. Un episodio su tutti è centrale nella carriera politica di Napolitano: la repressione sovietica in Ungheria nel 1956. In quest’occasione il futuro capo dello Stato si attenne alla linea ufficiale del partito, fedele all’Urss, ed elogiò l’intervento sovietico a Budapest.
La militanza nella corrente moderata del Pci e la Primavera di Praga
Per Napolitano, secondo quanto scrive lui stesso nella sua autobiografia politica “Dal Pci al socialismo europeo”, comincia un travaglio e un percorso di autocritica. Dal 1963 fino al 1966 è segretario della federazione comunista di Napoli, e nello stesso periodo, nel confronto interno dopo la morte di Palmiro Togliatti nel 1964, è uno degli esponenti moderati di maggior peso, parte della corrente del partito più attenta al Partito Socialista Italiano. Napolitano entra nella direzione nazionale del partito. Nel frattempo il percorso di autocritica personale e quello dei cambiamenti all’interno del Pci lo portano a essere l’incaricato di scrivere il comunicato con cui il partito critica l’intervento dell’esercito sovietico per soffocare la Primavera di Praga nel 1968, con la deposizione del governo di Alexander Dubcek.
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Gli anni ‘70
Negli anni ’70 Napolitano continua a condurre l’attività di dialogo con i settori riformisti e in particolar modo con le socialdemocrazie europee, tra le quali soprattutto la Germania Ovest di Willy Brandt con la sua Ostpolitik. Nel 1978 Napolitano è il primo dirigente del Pci a ricevere un visto per recarsi negli Stati Uniti, non nella sua veste politica ma per tenere conferenze e incontri in istituti e università, tra cui anche Harvard. L'invito ufficiale in veste politica arriverà soltanto a fine anni ‘80.
Il “migliorismo”
Negli anni ’80, dopo la morte di Amendola, Napolitano guida la corrente riformista del Pci. La sua corrente viene chiamata quella dei “miglioristi”. È un termine che indica l’idea che sia possibile “migliorare” gradualmente il capitalismo, attraverso una serie di riforme. L’origine è incerta, anche perché per gli avversari di Napolitano dentro e fuori dal Pci ha una certa accezione dispregiativa, che derubrica quella visione a un’azione politica che cerchi di migliorare le condizioni di vita della classe lavoratrice senza però rivoluzionare strutturalmente il capitalismo. In questi anni ’80 si sviluppa un certo scontro interno al Pci, finché nel 1981 Napolitano critica sull’Unità la guida di Enrico Berlinguer (LA SUA STORIA), che aveva affiancato durante l'esperienza della "solidarietà nazionale", con l’accusa di “settarismo” e di “elitismo” a causa delle famose argomentazioni del segretario sulla “questione morale e l’orgogliosa riaffermazione della nostra diversità”. Dall’altra parte Napolitano si deve difendere in questo periodo dalle accuse di troppa vicinanza al Psi, all’epoca guidato da Bettino Craxi, con cui aveva sempre mantenuto aperto il dialogo.
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La Bolognina e gli incarichi di governo
Napolitano vive le travagliate fasi tra il 1989 e il 1991, che porteranno allo scioglimento del Pci e alla nascita del Partito democratico della sinistra, più distante dalle vicende del partito. In quel periodo comincia una transizione che lo porta a diventare una figura più istituzionale, un “notabile” della Repubblica: nel 1992 viene eletto presidente della Camera. Durante Tangentopoli è moderatamente a favore dei processi prendendo posizione contro l’immunità parlamentare. Durante il primo governo Prodi (1996-1998) gli viene conferito l’incarico di ministro degli Interni, il primo proveniente dal Pci. Dal 1999 al 2004 invece è europarlamentare tra le fila dei Ds e ricopre la carica di presidente della Commissione Affari costituzionali. Nel 2004 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi lo nomina senatore a vita (TUTTI I PRESIDENTI DEL CONSIGLIO).
L’elezione a presidente della Repubblica
Nel 2006 arriva il momento di eleggere il successore di Ciampi. Le prime ipotesi vedono tra i papabili Franco Marini, Emma Bonino e Massimo D’Alema. Il centrosinistra vota scheda bianca per tutte le prime tre votazioni. Il centrodestra vota invece Gianni Letta alla prima votazione, per poi votare scheda bianca le altre tre. Alla quarta votazione viene eletto Napolitano, con 543 voti su 990 votanti (1009 gli aventi diritto). È il primo esponente proveniente dal Pci a diventare capo dello Stato.
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La controversia sulle intercettazioni nel processo trattativa Stato-mafia
Nel 2012, nell'ambito del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia, il dibattito pubblico si è concentrato a lungo sulla questione di alcune intercettazioni all'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino durante le quali erano state registrate casualmente alcune telefonate che l'ex ministro fece a Napolitano. Il presidente della Repubblica ha sollevato il conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, chiedendo che le intercettazioni venissero distrutte. Nel gennaio 2013 la Consulta ha accolto il ricorso del Quirinale contro la procura di Palermo e disposto la distruzione delle intercettazioni. L'eliminazione è stata confermata anche dopo un ricorso degli avvocati di Massimo Ciancimino (figlio dell'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, e indagato nell'ambito del processo oltre che teste chiave), ritenuto inammissibile. Il 20 aprile 2013, nello stesso giorno del giuramento di Napolitano, rieletto presidente della Repubblica, il giudice per le indagini preliminari di Palermo ha distrutto le intercettazioni.
Lo stallo alla fine del primo mandato
Tra marzo e aprile del 2013 l'Italia attraversa un periodo complicato sul piano politico e istituzionale. Dopo le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio, in Parlamento si è venuta a creare una situazione di stallo. Il 22 marzo Napolitano affida a Pier Luigi Bersani (Pd) l’incarico di formare un governo ma dopo un lungo giro di consultazioni l’esponente dem rinuncia. Napolitano assume allora un’iniziativa inconsueta: nomina una commissione di “10 saggi” – esperti e personalità del mondo accademico e politico – che elaborino delle proposte in modo da individuare dei punti di convergenza per un possibile programma condiviso tra le forze politiche. E preannuncia le dimissioni prima della scadenza naturale del suo mandato per procedere il prima possibile all’elezione del suo successore: in quel momento si trova infatti nel cosiddetto "semestre bianco", cioè a meno di sei mesi dalla scadenza del suo mandato, e non ha il potere di sciogliere le Camere per poter tornare eventualmente alle urne.
Il secondo mandato
Nelle settimane successive, però, un ampio schieramento parlamentare chiede a Napolitano la disponibilità a essere rieletto. Proposta che viene accettata. Il 20 aprile 2013 la rielezione, con un’ampia maggioranza: 738 voti su 997 votanti dei 1007 aventi diritto, al sesto scrutinio. Napolitano diventa il primo presidente della Repubblica a essere eletto per un secondo mandato. Lo stallo politico termina con la nascita del governo guidato da Enrico Letta (Pd), a cui Napolitano affida l’incarico pochi giorni dopo. Il nuovo presidente del Consiglio si impegna a far tesoro del lavoro dei "saggi" facendo il possibile per realizzarne i punti elaborati. Il 17 febbraio 2014, dopo le dimissioni irrevocabili di Enrico Letta a seguito dell'approvazione da parte della Direzione nazionale del Pd di un documento in cui si chiedeva un cambio di esecutivo, Napolitano affida a Matteo Renzi l'incarico di formare un nuovo governo. Il secondo mandato di Napolitano ha termine il 14 gennaio 2015, con le dimissioni, preannunciate nell'ultimo messaggio di fine anno. Nell’aprile del 2018 Napolitano, dopo aver accusato dei forti dolori al petto, viene trasportato d’urgenza al San Camillo di Roma. Viene operato al cuore per un problema all’aorta. L’intervento riesce perfettamente e l’ex capo dello Stato verrà dimesso dall’ospedale circa un mese più tardi.