Nilde Iotti, la madre costituente che sfidò i pregiudizi e diventò presidente della Camera

Politica

Filippo Maria Battaglia

Partigiana, prima donna a capo di Montecitorio e prima donna a ricevere un mandato esplorativo: la parlamentare comunista è stata una della madri della nostra Repubblica, ma ha pagato per anni la sua relazione con il segretario del Pci Palmiro Togliatti

Partigiana, costituente, prima donna a diventare presidente di una Camera, prima donna a ricevere un mandato esplorativo per formare un governo. Nide Iotti è stata molte cose, e nell'Italia bigotta e codina dell'immediato dopoguerra è stata spesso la prima a esserlo. Eppure quella che oggi viene universalmente ricordata come una delle "madri della Repubblica" per una buona parte della sua vita, o meglio per quasi tutta la prima parte della sua vita politica, è stata marchiata a fuoco con i toni indignati e scarlatti dello scandalo.

"Non ci parlammo, ci si guardò solo"

Una parte della storia è nota. Nilde Iotti è stata la compagna di Palmiro Togliatti, lo storico segretario del Pci, "Il Migliore" e il più intoccabile di tutti i leader di Botteghe Oscure. Per quella relazione è stata insultata, ostraggiata, dileggiata persino dai suoi stessi compagni di partito. Quando si conoscono in Costituente, lei ha 26 anni, è laureata in Lettere e ha alle spalle un passato da partigiana. Alla Costituente è stata eletta con 15mila voti di preferenza e fa parte delle ventuno donne sbarcate a Montecitorio. Lui è già “il Migliore”, ma soprattutto è sposato con un’altra di quelle ventuno parlamentari, Rita Montagnana. Il primo sguardo, furtivo, se lo scambiano in ascensore. "Non ci parlammo, ci si guardò solo", racconterà Iotti anni dopo in una delle rarissime occasioni in cui parlava della sua vita privata, lei che in quel giorno di inizio estate del 1946 indossa un vestito a fiorellini. Per Togliatti è un colpo di fulmine o quasi. "Chi è quella deputata?", chiede appena uscito dall'ascensore al cronista dell'"Unità" che lo accompagnava. 

Gli attacchi dal Pci

Passa qualche mese, filtrano le prime indiscrezioni sulla relazione e fioccano gli insulti. Sono, ovviamente, in gran parte a sfondo sessuale. La "giovane e graziosa deputata", è descritta "procace" e "ridente". Togliatti, invece, è colui che "offre in dono all’amante il partito", "tre volte buono, oppure rimbambito". Le battute più grevi arrivano da destra, ma le cose non vanno meglio a sinistra. La dirigenza del Pci discute a più riprese la legittimità di quella relazione. L'avversario storico di Togliatti, Pietro Secchia, parla più di una volta della "crisi personale del segretario" (che viene sorvegliato), persino Mosca inizia a dubitare che “il Migliore” sia soggiogato dalla "malizia" della parlamentare.

La vera imputata però è lei, Nilde. Non conta il suo lavoro in Assemblea né il suo passato da partigiana. È "l’amante" del capo, punto e basta. "Alla direzione del partito si evita persino di nominarla", ricorderà anni dopo un'altra costituente, Teresa Noce, mentre l’ala di destra del partito si dice disponibile a riconoscere la legittimità della relazione purché lei si ritiri dalla vita politica. Gli aneddoti sulla discriminazione sono infiniti. Il più clamoroso forse è datato 1956: Iotti è inserita nella lista per il Comitato centrale del Pci, ma molti delegati scelgono di cancellare il suo nome dall’elenco su cui sono chiamati a esprimersi. E' un gesto quasi rivoluzionario per la disciplina ferrea e dogmatica che si respira a Botteghe Oscure.

Intanto l’ombra del segretario segue Iotti ovunque. "Glielo avrà scritto lui", commentano diversi deputati ogni volta che Nilde pronuncia un discorso in Aula, e quando passa in Transatlantico i compagni cambiano strada ed evitano di salutarla. Solo "dopo la morte di Togliatti il partito mi rispettò", racconterà diversi decenni dopo, "e cominciò la fase più importante e rapida della mia carriera politica".

La presidenza della Camera

Iotti diventa presidente della Camera nel 1979: l'accordo prevede che a capo di una Camera resti un esponente di spicco della opposizione e il comunista Pietro Ingrao ha deciso di non proseguire. Viene eletta il 20 giugno, quarantatré anni dopo l'incontro con l'uomo che avrebbe cambiato la sua vita e stravolto la sua carriera politica. Nel suo discorso non può non affrontare il  tema dell'emancipazione e della parità di genere. Ma è un riferimento asciutto, lontano da lotte e da slogan iper-ideologici, lo specchio di una donna nata in una famiglia poverissima e costretta per andare avanti a tirare fuori il massimo della determinazione. "Io stessa - non ve lo nascondo - vivo quasi in modo emblematico questo momento, avvertendo in esso un significato profondo, che supera la mia persona e investe milioni di donne che attraverso lotte faticose, pazienti e tenaci si sono aperte la strada verso la loro emancipazione".

Iotti resterà a capo della Camera fino al 1992. Cinque anni prima la fine di quell'esperienza, sarà la prima donna a ricevere un mandato esplorativo per la formazione di un governo. Quel tentativo resterà negli annali, così come la lunga esperienza parlamentare e l'impegno per le riforme con la presidenza della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali.

Madre Costituente

Tutto qui? No. La sua eredità è custodita anche nella Costituzione. Quando si scrive l'articolo 51, che disciplina l’accesso ai "pubblici uffici e alle cariche elettive", prescrivendo che "tutti i cittadini" possono accedervi "in condizioni di eguaglianza", molti deputati chiedono di aggiungere un inciso: "Conformemente alle loro attitudini, secondo norme stabilite dalla legge". Sembra banale, ma non lo è. L’obiettivo, secondo le 21 costituenti elette, è limitare le donne, specie nella carriera di magistrato. Previsione azzeccata, almeno a sentire gli interventi di molti loro colleghi, che tornano a proporre l’equazione donna uguale casalinga e con esso il timore di "imitare modelli domestici" nella giustizia. In prima fila, il futuro presidente della Repubblica Giovanni Leone, che non esclude in linea di principio che una donna possa indossare la toga, ma solo per le "qualità che le derivano dalla sua femminilità e dalla sua sensibilità". Quindi niente "alti gradi della magistratura, dove bisogna arrivare alla rarefazione del tecnico" e dove "è da ritenere che solo gli uomini possano mantenere quell’equilibrio di preparazione". 

La protesta di Nilde Iotti (e di altre colleghe) si fa  a questo punto più rumorosa. E, alla fine, si rivela produttiva: quella mezza riga scompare, mettendo al riparo un caposaldo della democrazia. E' l'estate del 1947: fuori, intanto, riviste e settimanali continuano a berciare sul fisico e le forme della parlamentare.

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