Europa, quanto è di destra l’ondata di destra? Lo spiegano i dati

C’è chi preferisce l’aggettivo “estrema”, e chi usa “ultra” o “radicale”. La sostanza non cambia: in Europa partiti etichettati come “di destra” ottengono sempre più spesso risultati elettorali impensabili fino a pochi anni fa. Ultimo esempio è l’affermazione alle elezioni federali tedesche di AfD, diventata la seconda forza politica in Germania. In precedenza, solo per stare ai casi più recenti, era accaduto al Rassemblement National che in Francia ha raccolto il 33% dei consensi alle legislative del 2024. A Vox, terzo partito più votato di Spagna nel 2023. O ancora al Partito per la libertà di Geert Wilders che a novembre ha ricevuto più consensi di tutti in Olanda, a Fratelli d’Italia dalle nostre parti nel 2022 e al Partito della Libertà in Austria a settembre . Per capire meglio, al di là delle etichette utilizzate dai mezzi di informazione, quanto è effettivamente “di destra” questa ondata ci siamo rivolti ad un punto di vista più oggettivo e scientifico. Vale a dire agli indicatori elaborati dal progetto ParlGov, un’iniziativa che, grazie al contributo di decine di studiosi, fa il check-up ai partiti di oltre 37 Paesi, sintetizza il risultato in un punteggio e permette così di confrontarli su alcuni assi politici significativi: destra-sinistra, stato-mercato, libertà-autorità, europeismo-antieuropeismo. Ecco cosa abbiamo scoperto. Tutti a destra appassionatamente Sul fatto che i movimenti di cui stiamo parlando siano di destra non c’è dubbio. Almeno secondo i dati di ParlGov. In una scala che va da 0 a 10 , si situano tutti nella parte alta dello spettro. Si va dall’8,3 Partito della Libertà d'Austria, il punteggio più basso, al 9,3 del Rassemblement National francese, il maggiore. In mezzo, gli altri: dai portoghesi di Chega, che hanno ottenuto il 18% alle elezioni del 2024, ai Democratici svedesi fino ad AfD e Fratelli d’Italia. Se non visualizzi il grafico clicca qui Per capire quanto le posizioni di questi partiti possano essere considerate estreme può essere utile confrontarle con quelle di alcuni partiti di centro-destra. Sempre usando i dati di PArlGov. I cristiano-democratici della CDU-CSU, per esempio, sigla più votata alle ultime elezioni tedesche, si fermano a 6,3. Mentre Renaissance, il partito centrista del presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron arriva a 6. “Non stupisce che questi partiti abbiano punteggi simili: gli studiosi di scienza della politica li classificano tutti all’interno della categoria ‘destra radicale’. ParlGov determina i punteggi facendo una media delle opinioni dei ricercatori interpellati”, spiega Andrea Pedrazzani, professore di Sociologia politica presso l'Università Statale di Milano che ha collaborato con il progetto. Certo, anche le valutazioni di ParlGov non sono perfette. Per esempio, non tengono conto dell’evoluzione dei partiti nel tempo. Magari in senso moderato, come sarebbe accaduto, secondo alcuni, a Fratelli d’Italia. “Le opinioni degli studiosi tendono a fotografare le posizioni più generali dei partiti, quelle sostenute per un tempo più lungo. Non seguono, almeno non immediatamente, i cambiamenti che intervengono nel frattempo, magari anche solo per ragioni di convenienza politica del momento”, spiega sempre Pedrazzani. Economia, valori e Ue Al di là del posizionamento destra-sinistra, che conta ma non dice tutto, i punteggi di ParlGov permettono di confrontare le idee dei partiti anche rispetto ad alcuni temi più generali: dall'orientamento in politica economica alla contesa dei valori fino all’atteggiamento nei confronti dell’Ue. Anche in questo caso non sorprende ritrovare nei dati una generale sintonia tra i movimenti della nuova destra, tutti saldamente dalla stessa parte dei vari spettri. Anche se, come vedremo, ci sono delle eccezioni all’uniformità di fondo. Di sicuro questo non accade nel rapporto con l’Unione europea, che tutti questi soggetti vedono un po’ come il fumo negli occhi, almeno per quanto emerge dai punteggi degli esperti. Il partito più antieuropeista risulta il Rassemblement National: 0,2, lo score, così vicino allo zero da assomigliare molto ad un rifiuto totale del progetto comunitario. Discorso analogo per il Partito per la Libertà olandese . Sempre decisamente anti-Ue anche gli altri, seppure con punteggi meno estremi: tra 2 e 2,3. Se non visualizzi il grafico clicca qui Più sfaccettata la questione quando si guarda alla dimensione economica dal punto di vista dell’orientamento verso un maggiore intervento del pubblico o verso una maggiore propensione a lasciare fare al mercato. In questo ambito l’escursione dei punteggi è più ampia. Solo il Partito per la Libertà olandese supera gli 8 punti, che indicano una decisa simpatia per la mano invisibile e dunque per un minore intervento dello stato in economia. Il resto del gruppo si piazza intorno ad una posizione mediana e bilanciata. “Anche questo dato non è sorprendente, molti di questi partiti non sono contro il welfare, semmai precisano che i nativi devono avere la priorità nell’accesso ai servizi”, commenta Pedrazzani. “Solo il partito olandese di Geert Wilders è esplicitamente liberista. Ma in generale non è l'economia l’elemento che caratterizza movimenti simili, i quali si distinguono invece per quanto riguarda l’affermazione di determinati valori”. I valori, appunto. Non è un caso che la nettezza e l'omogeneità perse in economia le ritroviamo quando osserviamo un’altra scala: quella tra libertà, intesa in senso non economico, e autorità, considerata non solo come legalità e ordine ma anche come adesione a ideali tradizionali e modelli di famiglia più consueti. In questo caso tutti i movimenti della destra radicale europea che stanno guadagnando consenso si collocano sopra l’8 in una linea in cui 10 è il massimo di vicinanza all’autorità e alla tradizione. Unica eccezione, di nuovo, gli olandesi di Wilders, per i quali il liberismo economico si sposa ad una visione della società più libertaria . E a sinistra? La sintonia tra i partiti della nuova destra e il loro posizionamento si può apprezzare maggiormente osservandoli a confronto con soggetti che hanno posizioni più moderate e forza estreme ma di segno opposto, per esempio France Insoumise in Francia e Die Linke in Germania. Se non visualizzi il grafico clicca qui Si nota così che sulla scala destra-sinistra i partiti più tradizionali si collocano in una fascia intermedia tra 3 e 7 indicativamente, mentre le ali sono occupate da una parte e dall’altra da sigle più radicali. Per quanto riguarda i singoli temi, si osserva una maggiore inclinazione verso un’economia statalista da parte dei partiti più di sinistra rispetto a quelli di destra. Sulla Ue, invece, c’è una certa vicinanza tra gli esponenti radicali di entrambi i versanti dello spettro: lo scetticismo verso Bruxelles prevale da una parte come dall’altra. Resta una differenza sostanziale tra le due ali più estreme. Negli ultimi anni il successo elettorale ha arriso soprattutto ad una parte, la destra. Le recenti affermazioni di Die Linke e France Insoumise possono però far pensare al progresso di nuovo consenso radicale anche nel campo progressista. Potrebbe accadere anche in Italia? Difficile, secondo chi studia l’argomento. “La composizione sociale e ideologica dell’elettorato italiano non lascia molto spazio a una crescita ulteriore della sinistra radicale”, spiega Mauro Barisione, professore di Sociologia della politica presso l’Università Statale di Milano. “Il massimo risultato lo raggiunse Rifondazione comunista di Fausto Bertinotti nel 1996, comunque sotto il 10%. Nei casi francese e tedesco la sinistra radicale ha beneficiato della crisi dei principali partiti di sinistra, rispettivamente socialista e socialdemocratico. Data la stabilità ancora maggiore dei blocchi elettorali in Italia, un’eventuale crescita andrebbe necessariamente a detrimento del PD e, in misura minore, del M5S”.

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