Tra treni e Regionali, guasti di maggioranza

Bastava guardare a quel treno per Genova, partito in anticipo di un’ora per capire che qualcosa a cavallo delle ferrovie forse non funzionava. Bastava prendere un treno per Milano - una volta ogni tanto - per capire che la nuova puntualità equivale a 30 minuti di ritardo. Basterebbe guardare alle sommosse social e alla frustrazione bipartisan dei viaggiatori per capire che questa faccenda dei treni che non arrivano più, e spesso neppure partono, è una questione che può far molto male all’intero governo e non solo al ministro Salvini. Forse un po’ tardivamente lo hanno compreso i colleghi di maggioranza, che dopo aver lasciato il ministro delle Infrastrutture solo e soletto per quattro giorni, al susseguirsi di guasti e ritardi hanno provato ad “assolverlo” dalle responsabilità attribuitegli dalle opposizioni. Che poi di fronte a gruppi elettrici che saltano non sarebbe neanche tutta colpa sua, se non fosse stato lui stesso a politicizzare la questione. La difesa, infatti, è stata solo politica: colpa di chi c’era prima, paghiamo il prezzo di troppi no in passato. Che può anche essere in parte vero, ma che assume poco valore per quei viaggiatori che non riescono ad arrivare a casa, se detto da un ministro che occupa quel posto da più di due anni. Scaricare la colpa su chi c’era prima è un vizio molto diffuso in politica, che non ha mai portato bene. Il motivo si intuisce facilmente: se sostituisco un governo con un altro, non lo faccio come se fosse una estrazione del lotto, ma perché voglio cambiare rispetto a prima. Non mi aspetto, pertanto, che 24 e passa mesi dopo, di fronte a una situazione critica, si giustifichi la mancata risoluzione dei problemi con uno scaricabarile. Una linea improntata all’autoassoluzione che non sarebbe piaciuta neppure a Giorgia Meloni, che per un motivo o per l’altro deve sempre lottare per tenere a bada i suoi alleati e riparare ai loro errori. Ciò che non andrebbe giù a Palazzo Chigj è l’interesse di Salvini “per tutto, tranne che per il suo ministero”. Dal quale vorrebbe fuggire - per sua stessa ammissione - per tornare agli Interni e da lì - si immagina - dare vita ad una campagna elettorale permanente. Da qui il silenzio iniziale e la sfida al leghista a cavarsela da solo. Una linea mutata solo quando ci si è resi conto che la rabbia verso di lui si sarebbe presto scaricata sull’intero esecutivo. Altro passaggio - giudicato tardivo - la scelta di procedere a un cambio di qualche figura apicale. “Andava fatto molto prima - spiega un forzista di rango - selezionando figure sulla base delle capacità e non della fedeltà politica”. Valutazione che suona come una stoccata proprio a chi si è battuto per gli attuali vertici, in difficoltà non solo nella gestione dell’ordinario esistente, quanto nella progettualità di un futuro delle ferrovie del quale non vi è una traccia chiara. Si aumentano convogli e compagnie, ma latitano i ragionamenti su una infrastruttura già satura. Responsabilità anche politiche, che per gli alleati portano solo il nome del ministro Salvini. Senza dimenticare che il tutto arriva a poca distanza dal nuovo codice della strada, altro provvedimento che - usando un eufemismo - non ha accolto i favori del pubblico. Ed è proprio questo che non va giù alla premier. La logica costante delle bandierine, dei provvedimenti spot pensati per un elettorato del quale non si riesce neppure più ad individuare i desiderata. Segnali allarmanti ed ennesima preoccupazione per un compagno di viaggio in calo di consensi e che per recuperare potrebbe fare mosse ancora più rischiose per il governo. D’altronde anche la questione Veneto dimostra quanto sia difficile tenere insieme, tutti i pezzi. Fratelli d’Italia vuole il posto di Zaia, per sfondare definitivamente nella Regione e consolidare il suo ruolo di primo partito della coalizione. La Lega non è disposta a cedere “sovranità”, considera il Veneto roba sua, non si può toccare. Forza Italia appoggia il cambiamento. Ogni mossa che può indebolire la Lega rafforza il secondo posto degli azzurri. Questo è il punto di partenza da cui si dovrà trovare una quadra. Tra treni, guasti, denunce di sabotaggi e voglia di traslocare altrove. Buon lavoro a tutti!

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