Autonomia differenziata, anche Sardegna e Toscana impugnano la legge

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Altre due Regioni, dopo la Puglia, hanno deciso di impugnare il provvedimento davanti alla Corte Costituzionale. Esulta Giuseppe Conte che legge nella mossa della governatrice pentastellata sarda Alessandra Todde "un messaggio chiaro indirizzato a Palazzo Chigi". Per quanto riguarda il referendum, "la prima tra le Regioni italiane, con 97mila firme digitali e più di 13mila firme raccolte ai banchetti", fa sapere la Cgil locale, è la Campania

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Anche la Sardegna e la Toscana - dopo la Puglia - hanno deciso di impugnare la legge bandiera della Lega sull’autonomia differenziata. Una notizia che arriva nel giorno del superamento del mezzo milione di firme raccolte online per il referendum contro il provvedimento, dopo il quorum già raggiunto lo scorso 31 luglio.

La mossa della Sardegna

La Regione Sardegna ha quindi varato la delibera con cui impugna davanti alla Corte Costituzionale la legge sull'autonomia differenziata: il provvedimento è stato approvato in tarda mattinata dalla giunta della governatrice Alessandra Todde. Secondo l'esecutivo sardo, il contenuto della legge "appare lesivo per l'autonomia regionale sia nella sua interezza che anche per una serie di specifici motivi che riguardano, in particolare (ma non solo), singolarmente gli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 11". Nel provvedimento di 55 pagine che contiene il ricorso alla Corte Costituzionale vengono enunciati i principali punti dell'impugnazione. Secondo la Regione sarda la legge viola l'art. 116, comma 3 della Costituzione, eccedendo i limiti previsti per l'autonomia differenziata, e anche il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, non prevedendo adeguate forme di coinvolgimento delle stesse Regioni nel processo. Inoltre, così come formulata, la legge consentirebbe il trasferimento di intere materie alle Regioni, anziché solo di "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia". "La delega al Governo per la determinazione dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) è carente di principi e criteri direttivi - spiega la giunta Todde - Viola le prerogative delle Regioni a statuto speciale, in particolare della Sardegna, e non rispetta le procedure previste dallo Statuto speciale della Sardegna per il trasferimento di funzioni e risorse e rischia di accentuare i divari territoriali e violare i principi di solidarietà e uguaglianza". Il ricorso argomenta nel dettaglio come "questi vizi di costituzionalità ledano le competenze e l'autonomia della Regione Sardegna", che chiede quindi l'annullamento totale o parziale della legge. "Un atto di grande coraggio e forza politica", esulta Giuseppe Conte che legge nella mossa della governatrice pentastellata sarda "un messaggio chiaro indirizzato a Palazzo Chigi". Una scelta invece criticata da Fratelli d'Italia perché così "si abbandona una storica battaglia della Sardegna", dice Francesco Mura.

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Todde: "L'autonomia differenziata mina la sussidarietà del Paese"

"Quello che veramente non funziona è che le Regioni del nord sono Regioni che sono state infrastrutturate negli ultimi decenni con i soldi di tutti i cittadini italiani. Sono diventate Regioni ricche, sono diventate Regioni trainanti con l'aiuto di tutti, con i soldi dello Stato. Pensare adesso semplicemente di basarsi sulla spesa storica e quindi di consentire a queste Regioni che hanno avuto di più di spendere di più anche sulla base di quello che possono trattenere è una cosa ingiusta", ha detto Todde commentando con i giornalisti la delibera. "I servizi essenziali non sono stati definiti e già questo è un tradimento perché - spiega la presidente - comunque era fondamentale definire quelli che erano i livelli essenziali di assistenza, rispetto alla legge di autonomia differenziata. Invece si è voluto correre, si è voluto mettere le bandierine indipendentemente dal fatto di poterli definire correttamente, indipendentemente dal fatto di capire cos'è il fondo di perequazione, con quali soldi gli eventuali distanze vengono colmati. Tutto questo non è stato definito, invece si è scelta una legge procedurale che semplicemente sancisce il fatto che le Regioni del nord saranno diverse dalle Regioni a statuto speciale e dalle Regioni del sud perché potranno procedere semplicemente per conto loro". "Il Veneto - osserva Todde - si è portato avanti nella richiesta di materie, ma faccio un esempio pratico: pensate alla trattativa con l'Europa, che non è una competenza che comporta la definizione di Lea. Voi pensate veramente che una Regione che può avere forza come la Lombardia o il Veneto possano trattare in Europa in maniera più o meno forte rispetto alla Calabria o rispetto alla Sardegna? Ecco, questo sicuramente non aiuta la sussidiarietà del nostro Paese, quindi anche per questi motivi l'autonomia differenziata va combattuta".

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Domani la conferenza stampa di Giani

La Toscana, invece, illustrerà il ricorso domani con una conferenza stampa a Firenze del presidente Eugenio Giani. Il 16 luglio scorso il Consiglio regionale della Toscana, terza Regione a farlo dopo Campania ed Emilia Romagna, aveva approvato la proposta per richiedere un referendum, ai sensi dell'articolo 75 della Costituzione e a norma della legge n. 352/1970, per abrogare la legge sull'autonomia differenziata. Dopo un lungo dibattito, aveva approvato a maggioranza (23 favorevoli 13 contrari, nessun astenuto) le due proposte di deliberazione, sottoscritte da Pd, Italia Viva e M5s, per chiedere l'abrogazione totale o parziale. Fin da subito Giani aveva manifestato contrarietà alla nuova legge sull'autonomia differenziata, ritenendolo un testo "veramente sbagliato": "Amplifica le diversità, i divari che ci sono tra le Regioni". Per Giani "non aiuta l'individuazione delle specificità e delle vocazioni dei territori, ma cristallizzerà e amplificherà le diseguaglianze tra le Regioni, tra le aree più forti e quelle più deboli del Paese. E non è soltanto una minaccia concreta all'unità nazionale, ma un macigno sulla strada del regionalismo equo e solidale voluto dai padri costituenti, a partire da Piero Calamandrei".

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Con la richiesta di intervento della Consulta da parte di 5 Regioni non sarebbe nemmeno servita la raccolta firme per chiedere il giudizio popolare. Ma la spinta digitale - alla sua prima prova referendaria -, accanto ai più classici banchetti, tengono alta l'attenzione sul tema, e l'entusiasmo per possibili numeri record fa ora sperare i promotori del referendum di raggiungere e superare il milione di sottoscrizioni entro la deadline di settembre. La campagna referendaria è partita da un mese (quella online dal 26 luglio) e sta registrando "una grande partecipazione" sottolinea la dem Marina Sereni, con "migliaia di persone che stanno firmando anche ai banchetti". Si tratta di "un chiaro avviso di sfratto al governo Meloni", aggiunge il collega Marco Simiani. Un "risultato straordinario" aggiunge il portavoce di Europa Verde e deputato di Verdi e Sinistra Angelo Bonelli, che "dimostra quanto sia sentito il tema della difesa della Costituzione, delle prerogative del Presidente della Repubblica, e dell'unità del Paese contro il tentativo" della "riforma Calderoli" di "dividerlo non solo in due, ma in più parti. Mettendo il nord contro il sud". Tra i più attivi, sottolinea il sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita, ci sono "i calabresi" anche se "la prima tra le Regioni italiane, con 97mila firme digitali e più di 13mila firme raccolte ai banchetti", fa sapere la Cgil locale, è la Campania.

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