Terzo mandato, Senato boccia emendamento Lega. Ritirato quello su abolizione ballottaggi

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La Lega aveva proposto di cancellare la seconda votazione nei Comuni sopra i 15mila abitanti se un candidato supera il 40% dei voti, ma poi ha accettato di trasformare la proposta in un ordine del giorno dopo la richiesta del relatore del dl Alberto Balboni (Fdi) di ritirare l'emendamento. Critiche intanto sulla proposta con Anci che ritiene si debbano "sentire i Comuni prima di cambiare la legge elettorale" e il Pd che ha gridato allo "sfregio della democrazia"

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Tensioni in Parlamento a proposito del decreto elezioni. In Aula al Senato si è dibattuto in particolare sull'eliminazione del ballottaggio nei Comuni con più di 15mila abitanti se si ottiene il 40% delle preferenze. A presentare l’emendamento sulla seconda votazione alle comunali è stata la Lega, che ha poi accettato di trasformare la proposta in un ordine del giorno dopo la richiesta di ritiro del testo del parte del relatore del dl elezioni, Alberto Balboni (FdI). Intanto l'idea del partito di Matteo Salvini è stata accolta male dall’opposizione. Per Elly Schlein, leader del Pd, si tratta di "uno sfregio alle basilari regole democratiche". Il Senato ha poi bocciato l'emendamento della Lega che chiedeva di innalzare da due a tre il limite dei mandati dei governatori delle Regioni. I sì sono stati 26, i no 112 e gli astenuti 3. Il relatore Balboni aveva espresso parere contrario, mentre il governo, con la sottosegretaria Wanda Ferro, si era rimessa all'Aula.

Via il ballottaggio alle comunali

Nel testo dell’emendamento della Lega che proponeva di abolire il ballottaggio per l’elezione a sindaco nei grandi comuni si legge: "È proclamato eletto sindaco il candidato che ottiene il maggior numero di voti validi, a condizione che abbia conseguito almeno il 40 per cento dei voti validi. Qualora due candidati abbiano entrambi conseguito un risultato pari o superiore al 40 per cento dei voti validi, è proclamato eletto sindaco il candidato che abbia conseguito il maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti, è proclamato eletto sindaco il candidato collegato con la lista o con il gruppo di liste per l’elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto sindaco il candidato più anziano di età". La proposta ha causato l’immediata reazione delle opposizione con Schlein che ha invitato la Lega a fermare quello che ritiene essere un blitz a tre mesi dal voto, in riferimento alla tornata delle amministrative di giugno. Il relatore di Fratelli d'Italia Balboni ha quindi chiesto al partito di Salvini il ritiro dell'emendamento specificando che "è un sistema che ha la sua dignità ma non vedo l'opportunità di inserirlo in questo momento. Cambia le regole in vigore, avrebbe avuto bisogno di maggior confronto. Un tema così importante andava affrontato con ben altro metodo". Il capogruppo leghista al Senato Massimiliano Romeo ha in seguito annunciato il ritiro dell'emendamento. "Accogliamo l'invito alla trasformazione dell'emendamento in ordine del giorno - ha detto Romeo -, su questo tema possiamo comprendere che a due mesi dal voto sarebbe non corretto, quindi ci può stare. Per noi era importante porre la questione".

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"Noi non crediamo che uno stravolgimento della legge sull'elezione diretta dei sindaci possa essere ipotizzato senza interpellare i Comuni, come invece è accaduto per altri provvedimenti nella logica della leale collaborazione tra istituzioni", aveva intanto affermato il presidente dell'Anci, Antonio Decaro. 

Il caos sul terzo mandato

L’altro emendamento depositato sempre dalla Lega (ma respinto dall'Aula), aveva invece l’obiettivo di permettere ai presidenti di Regione di essere eletti anche per un terzo mandato. L’inserimento di questo emendamento nel decreto elezioni ha creato tensioni nella maggioranza. Il testo era stato bocciato in commissione Affari costituzionali dopo aver ricevuto anche il parere contrario del governo. Il governo ha perciò deciso di rimettersi all’Aula in Senato, come già fatto in Commissione, garantendo ai parlamentari della maggioranza libertà di voto. Fratelli d’Italia aveva però fatto notare come “spiaccia” creare “spaccature su temi non in agenda”.

Gli emendamenti presentati

In tutto sono una quarantina gli emendamenti presentati al decreto elezioni in Aula al Senato. Perlopiù si tratta di proposte di modifica delle opposizioni ma ce ne sono anche da parte della maggioranza: 3 di FdI, due della Lega e uno di FI.

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