Le parole del Capo dello Stato sul quadro normativo comunitario che disciplina l'accoglienza di chi arriva nell’Unione europea non sono nuove: già da tempo il Quirinale insiste su una revisione del Trattato, ormai considerato “figlio di un mondo che non esiste più”. In Europa però la posizione resta minoritaria e lo stesso governo di Giorgia Meloni sembra essere più interessato a fermare le partenze e rafforzare i rimpatri
"Le regole di Dublino sono preistoria, era un altro mondo, non c’era una migrazione di massa, è come fare un salto in un’altra era storica. Sono una cosa fuori dalla realtà". A dirlo è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante la conferenza stampa di giovedì 21 settembre in Sicilia tenuta insieme all’omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier. Parole non nuove: già in passato il Capo dello Stato aveva insistito su un superamento dell’impianto di regole comunitarie risalenti al lontano 1997, con l’ultimo aggiornamento del 2013. E anche questa volta ha sottolineato come "occorra invece uno sforzo insieme, prima che sia impossibile governare il fenomeno migratorio, in modo da affrontarlo con nuove formule". Ma cosa significano concretamente queste affermazioni? (LO SPECIALE MIGRANTI).
Le crisi e la presidenza di Mattarella
Le regole di Dublino, che affidano maggiori compiti ai Paesi di primo ingresso, erano nate per gestire la crisi migratoria di fine anni ’90, quando i flussi provenivano dall’Europa post-sovietica. Oggi però le sfide sono cambiate e i conflitti degli ultimi 10 anni, in ordine in Libia, in Siria e in Ucraina, hanno rimescolato le carte, consegnando alla rotta mediterranea il primato in termini di migranti. Un tema che il presidente conosce perfettamente e che ha avuto più volte modo di ricordare durante sia il suo primo settennato e che in questo anno e mezzo di bis, in particolare negli ultimi mesi. Dopo Cutro aveva dichiarato che "bisogna comprendere perché intere famiglie lasciano con sofferenza la propria terra per cercare un futuro altrove" (6 marzo), seguita da una critica a Dublino "nessuno Stato da solo può affrontare un problema così epocale, ma la Ue può farlo con un’azione coordinata e ben organizzata e questo è un tema che richiama la sua responsabilità. Serve una nuova politica di asilo, superando vecchie regole che sono ormai preistoria" (17 aprile).
L'intervento (politico) del presidente a Rimini
Successivamente, il 21 giugno, in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato, Mattarella aveva sottolineato come "circa 100 milioni di uomini, donne e bambini, in tutti i continenti, sono costretti a lasciare le proprie case per trovare protezione contro persecuzioni, abusi, violenze. Il senso di umanità e il rispetto per i valori della Costituzione impongono di non ignorare il loro dramma. Le iniziative di assistenza a queste persone devono essere accompagnate dalla ricerca di un’indispensabile e urgentissima soluzione strutturale di lungo periodo". Un appello accorato, a cui ha fatto seguito l’intervento certamente più politico, quello dello scorso 25 agosto al Meeting di Rimini. "I fenomeni migratori vanno affrontati per quel che sono: movimenti globali, che non vengono cancellati da muri o barriere". In quell’occasione Mattarella aveva raccontato come nel suo studio presidenziale ci fosse appeso un disegno, raffigurante un ragazzo di 14 anni morto nel Mediterraneo con la pagella cucita addosso ("Come fosse il suo passaporto, la dimostrazione che voleva venire in Europa per studiare"), e infine come fosse necessario rafforzare i flussi legali. "È necessario rendersi conto che soltanto ingressi regolari, sostenibili, ma in numero adeguatamente ampio, sono lo strumento per stroncare il crudele traffico di esseri umani".
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Perché criticare Dublino
Secondo il presidente le regole comunitarie sono quindi ormai passate, "figlie di un mondo che non c’è più": per questo sprona a superarle e a rivederle. Le sue parole però giungono mentre la premier Meloni va in un'altra direzione e sottolinea le "interlocuzioni positive con il Ruanda", spingendo maggiormente per fermare le partenze e potenziare i rimpatri, rafforzando l’asse con la Tunisia del presidente Kaïs Saïed. Una politica che per ora si scontra sia con le oggettive difficoltà di interlocuzione con i governatori e con Bruxelles, che al momento non pare accelerare nella trattativa con Tunisi, sia con le resistenze di Germania e Francia, con condanna dalla Corte di giustizia europea per i respingimenti ai confini interni (quindi anche quelli a Ventimiglia). Infatti, secondo i giudici del Lussemburgo, "i migranti irregolari devono beneficiare di un certo termine per lasciare volontariamente il territorio. L’allontanamento forzato avviene solo in ultima istanza". Per questo il presidente ha evidenziato come il superamento di Dublino resti un interesse primario italiano e in fondo anche europeo, nonostante le resistenze di Paesi contrari come la Polonia e l’Ungheria.