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Italia-Francia, il trattato e il lungo periodo

Politica

Massimo Leoni

La nuova puntata de "La Guida" di Massimo Leoni. Che ci aiuta a orientarci nel mondo della politica

 

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Tra pochi giorni ricorre il primo anniversario del Trattato del Quirinale. Il 26 novembre del 2021 Emmanuel Macron e Sergio Mattarella firmavano un accordo, che doveva servire a far partire un motore franco italiano che muovesse l’Europa, da affiancare a quello franco tedesco, costruito a sua volta sul trattato dell’Eliseo - era il 1963 - tra Parigi e Berlino. È significativo che gli stessi protagonisti di allora abbiano sentito il bisogno di sentirsi al telefono e poi firmare una nota congiunta.

Interessi di lungo periodo

Per ribadire che tra Italia e Francia esiste una convergenza di interessi di lungo periodo, un modo per ricordare – a tutti gli attori che oggi si muovono sulla scena e determinano le sorti della crisi tra Roma e Parigi – che i rapporti tra Stati devono essere distinti da quelli tra i governi; che è opportuno – fin quando è possibile – che le ragioni e i gesti della diplomazia siano diversi da quelli della politica. La nota congiunta è assai breve, eppure significativa. In particolare, quando richiama i due piani della collaborazione – necessaria – tra i due Paesi (o nazioni, sempre come volete): il piano bilaterale e il piano multilaterale, cioè l’ambito – il condominio – dell’Unione europea.

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Il senso di colpa dell’Ue

Richiamo quanto mai opportuno, visto con quanta preoccupazione Bruxelles guarda alla tensione tra due Paesi fondatori su un tema – le politiche sull’immigrazione – in cui le istituzioni europee, tutte, si portano addosso un pesante senso di colpa e, insieme, di impotenza. La nota ricorda la cornice (che è quella del trattato) in cui si può muovere la dialettica politica. Oltre, si tratta di terra incognita, né conosciuta né riconosciuta dal trattato. Se saranno sufficienti, nota e telefonata, vedremo.

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Presidenzialismo e non

Un’ultima, piccola riflessione. Macron, in questa partita, rappresenta sia lo Stato che la politica. È la caratteristica del presidenzialismo. Spesso è una forza. In circostanze come questa, però, può essere un vulnus alla credibilità. La funzione di Sergio Mattarella, invece, non ha nulla di ambiguo. La Costituzione la vuole sopra e distinta dalla politica. A questo serve il presidente della Repubblica. È bene ricordarlo anche a chi è convinto – legittimamente - che non serva.  

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