Nei giorni scorsi il capogruppo alla camera di Fdi Francesco Lollobrigida aveva detto che "la Carta è bella ma ha 70 anni", ribadendo così la volontà di mofidicarla da parte del futuro governo. Con i numeri attuali della coalizione la strada del Parlamento potrebbe essere in salita ma la recente apertura del Terzo Polo potrebbe cambiare la situazione: ecco le alternative che il partito di Giorgia Meloni potrà percorrere
Una modifica della Costituzione. È questa l'eventualità a cui il nuovo Parlamento potrebbe andare incontro se Giorgia Meloni deciderà di dare seguito alla proposta di riforma della carta costituzionale in senso presidenziale più volte avanzata durante la campagna elettorale. A ricordarlo è stato anche il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia Francesco Lollobrigida, che dopo le elezioni ha commentato: "La Costituzione è bella ma ha anche 70 anni". E mentre il Pd già promette battaglia c’è chi, come il Terzo Polo, ha invece iniziato a mandare segnali d’apertura. Una novità importante visto che, pur avendo il centrodestra la maggioranza, il procedimento da seguire per un intervento normativo di questo tipo sarebbe diverso rispetto alle leggi ordinarie e implicherebbe necessariamente il coinvolgimento di altre forze politiche (I RISULTATI PER REGIONE E COMUNE - LA MAPPA DEI RISULTATI - LA RIPARTIZIONE DEI SEGGI - LO SPECIALE DI SKY TG24 SULLE ELEZIONI - TUTTI GLI AGGIORNAMENTI LIVE - IL SEGGIOMETRO - TUTTI I VIDEO - TUTTE LE INTERVISTE AI LEADER).
L’iter
L'articolo 138 della carta costituzionale recita: "Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi". Nella sostanza, questo significa che se nella seconda votazione Camera e Senato approvano la legge a maggioranza dei 2/3 dei componenti, la riforma viene approvata. Se invece si raggiunge solo la maggioranza assoluta, cioè la metà più uno del totale, il testo può essere sottoposto a referendum popolare. In questo secondo caso, ci sono dei tempi da rispettare: la richiesta di referendum deve essere avanzata entro tre mesi dalla pubblicazione della legge, da parte di un quinto dei membri di una Camera, 500mila elettori o cinque consigli regionali. Tre le peculiarità di questo passaggio: non è previsto quorum, la votazione è valida a prescindere dal numero di partecipanti ma per l'approvazione è necessaria la maggioranza dei voti validi.
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Le prospettive
Con 237 seggi su 400 alla Camera e 112 su 200 al Senato, il centrodestra non può sulla carta raggiungere la maggioranza qualificata che permetterebbe di percorrere la prima strada e pare quindi costretto a intraprendere la via del referendum. Nella pratica, molto dipenderà però dalla disponibilità di partiti esterni alla coalizione ed è proprio in questo che assumono rilievo le parole di Renzi. Se infatti il Pd ha detto chiaramente "Giù le mani dalla Costituzione”, il leader di Italia Viva ha mandato segnali incoraggianti poi rafforzati dalle parole dell’alleato Calenda.
Margini di manovra
Renzi ha assicurato che il terzo polo sarà all'opposizione ma ha aggiunto che “se Meloni chiederà un tavolo per fare insieme le riforme costituzionali, noi ci saremo perché siamo sempre pronti a riscrivere insieme le regole". Disponibile al confronto anche Carlo Calenda, che ha detto: "Se la Meloni farà una bicamerale è un dovere di tutti discutere. Se farà proposte è un dovere partecipare. Dopo di che, sono radicalmente contrario al presidenzialismo. Non credo, però, che ci sarà nessuna riforma di tipo costituzionale". Poi li leader di Azione ha aggiunto: "Io abolirei la Camera, una camera sola, prima o poi, bisognerà farla. Questo è un sistema che va superato".