Referendum, Consulta: “No a quesito su stupefacenti. Eutanasia? Decida la politica”

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Bocciato anche il quesito sulla responsabilità civile dei giudici. Via libera agli altri cinque referendum sulla giustizia. In conferenza stampa il presidente Giuliano Amato ha spiegato le motivazioni: "Leggere o sentire che chi ha preso la decisione non sa cosa è la sofferenza ci ha ferito ingiustamente. Il referendum non era sull'eutanasia ma sull'omicidio del consenziente"

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Sono in tutto cinque i referendum ammessi dalla Corte costituzionale, tutti in materia di giustizia. A dare la notizia è il presidente della Consulta Giuliano Amato. Quelli dichiarati ammissibili riguardano l'abrogazione delle disposizioni in materia di incandidabilità, la limitazione delle misure cautelari, la separazione delle funzioni dei magistrati, l'eliminazione delle liste di presentatori per l'elezione dei togati del Consiglio superiore della magistratura, il voto avvocati sui magistrati. "I suddetti quesiti sono stati ritenuti ammissibili perché le rispettive richieste non rientrano in alcuna delle ipotesi per le quali l'ordinamento costituzionale esclude il ricorso all'istituto referendario”, ha spiegato la Corte in una nota. Respinti invece i quesiti sulla cannabis e un quesito sulla giustizia, quello della responsabilità civile dei magistrati. Ieri la decisione di rifiutare il quesito sull'eutanasia. “Questa Corte il suicidio assistito a determinate condizioni lo ha già depenalizzato. È la parola eutanasia che ha portato tutto questo: in realtà il quesito era sull’omicidio del consenziente che apriva a una serie di casi troppo più ampi”, ha spiegato Amato. (PERCHÉ È STATO DICHIARATO INAMMISSIBILE - LE REAZIONI). "Non mi pare che nessuno abbia cercato i peli nell'uovo. In alcuni casi l'orientamento è stato unanime, in altri prevalente", ha aggiunto Amato commentando le decisioni prese dalla Corte sui referendum.

I quesiti approvati

Dei sette quesiti analizzati dalla Consulta oggi, sei sono sulla giustizia e cinque sono stati approvati. Luce verde per il quesito sulla custodia cautelare. L'obiettivo è ridurre l'ambito dei reati per i quali è consentita l'applicazione delle misure cautelari e in particolare della carcerazione preventiva: via il finanziamento illecito ai partiti e via i reati puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, a meno che non ricorra il pericolo di fuga dell'indagato o di inquinamento delle prove.
Via libera anche al quesito sulla legge Severino. Obiettivo dei promotori è l'abolizione di uno dei suoi decreti attuativi, l'intero Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità. Non si tratta dunque solo delle norme contestate dagli amministratori locali, che prevedono la  sospensione per chi di loro abbia subito la condanna in primo grado per una serie di reati, ma anche delle disposizioni che impediscono la partecipazione alle competizioni elettorali per il Parlamento europeo e italiano e alle elezioni regionali, provinciali e comunali di chi sia stato condannato in via definitiva per mafia, terrorismo, corruzione e altri gravi reati. Approvati infine i quesiti sulla separazione delle funzioni dei magistrati e l'eliminazione delle liste di presentatori per l'elezione dei togati del Csm: il primo vuole ottenere la separazione delle carriere in magistratura cancellando le norme che oggi consentono quattro passaggi di funzioni tra giudici e pm e che la riforma del governo vuole ridurre a due; la seconda vuole eliminare le 25 firme chieste per poter presentare una candidatura alle elezioni dei consiglieri togati del Csm (lo fa già la riforma, che ha eliminato anche le liste concorrenti). La Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile il referendum che ha l'obiettivo di riconoscere nei consigli giudiziari il diritto di voto degli avvocati sulle valutazioni di professionalità dei magistrati. 

I quesiti bocciati

Tra i quesiti sulla giustizia, la Corte costituzionale ha bocciato il referendum sulla responsabilità civile diretta dei magistrati, dichiarando l'inammissibilità del quesito. Oggi la responsabilità è indiretta, lo Stato risarcisce il cittadino che ha subito un danno ingiusto e poi può rivalersi sul magistrato che ha sbagliato. La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile anche il referendum sulla depenalizzazione della coltivazione della cannabis. 

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Il no sulla cannabis

Il quesito proponeva di depenalizzare la coltivazione della cannabis, a patto che questa non sia utilizzata per fini di spaccio. La proposta è stata sostenuta dall'Associazione Coscioni, dai Radicali e da Meglio legale. La richiesta è di depenalizzare la coltivazione di cannabis e di eliminare la pena del carcere prevista per le condotte illecite legate all’uso e al consumo della sostanza, a eccezione dell’associazione finalizzata a traffico illecito. Il quesito proponeva anche di intervenire sulle sanzioni amministrative previste, eliminando la sospensione della patente per chi è accusato di una qualsiasi condotta riconducibile all’uso della sostanza. "Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti. Si faceva riferimento a sostanze che includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare obblighi internazionali", ha detto il presidente Amato in conferenza stampa, spiegando la bocciatura del quesito.

Il no al voto sull’eutanasia

Ieri la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il quesito sull'eutanasia che chiedeva di depenalizzare l'omicidio del consenziente. La Consulta ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché, "a seguito dell'abrogazione, ancorché parziale, della norma sull'omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”. Sulla decisione è tornato il presidente Amato nella conferenza stampa. "Leggere o sentire che chi ha preso la decisione non sa cosa è la sofferenza ci ha ferito ingiustamente. Il referendum non era sull'eutanasia ma sull'omicidio del consenziente", ha detto il presidente della Consulta. "L'omicidio del consenziente sarebbe stato lecito in casi ben più numerosi e diversi da quelli dell'eutanasia".

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