Quirinale, Berlusconi aspetta domenica. Salvini vede Conte per condividere un nome

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Andrea Bonini

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Berlusconi non decide, Salvini vede Conte: "Serve nome super partes". Se l'attuale premier sale al Quirinale "governo fotocopia", saltano solo i ministri tecnici

È il giorno del grande fastidio nel centro destra ma è anche il giorno in cui al netto delle dichiarazioni di rito si supera Silvio Berlusconi. Il Cavaliere resta al centro della scena, sulla carta tiene tutto bloccato ma alla fine Salvini va da Conte e la Meloni fa sapere che se da Arcore non si decideranno a breve, sarà lei a convocare il tavolo per chiudere la questione (LO SPECIALE DI SKY TG24 SULLA CORSA AL COLLE).

Dialogo per un nome condiviso

Per Berlusconi c'è affetto e rispetto, giocherà sempre un ruolo fondamentale come dice il leader della Lega, ma il centro destra non è e non sarà solo lui. Ecco perché con il colloquio tra Salvini e Conte - benedetto dal Pd - si apre ufficialmente il dialogo tra i due schieramenti alla ricerca di un nome condiviso. Era toccato ad Enrico Letta far fare a tutti un bagno di realtà quando in radio ha detto quello che nessuno voleva dire in maniera esplicita: né gli uni, né gli altri hanno i numeri per eleggersi in solitaria il successore di Mattarella. L'accordo è obbligato, per cui tanto vale cominciare a parlarsi. Quello tra Salvini e il capo del Movimento 5 Stelle è un incontro cordiale, che avrebbe fatto cadere le ultime resistenze di Conte sul nome di Draghi, nel caso si decidesse di convergere su di lui. Motivo per cui si parla più di governo che di Colle. Come creare le condizioni affinchè si prosegua senza mettere a rischio tutto.

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Lo scenario per l'esecutivo

Come abbiamo scritto ieri, ciò che ancora manca è il nome del premier per sostituire l'ex governatore della Bce, ma nel frattempo sarebbe chiaro lo schema su cui impostare il nuovo esecutivo. Pochi cambiamenti. Restano tutti gli attuali ministri politici, si cambiano solo qualche tecnico eccezion fatta per Franco e Colao. A quel punto i partiti avrebbero più voce in capitolo su come spendere la seconda tranche del Pnrr, nonché il ritorno in alcuni ministeri simbolo da sfruttare in campagna elettorale. Non è un mistero che il centro destra voglia intestarsi una gestione diversa del Viminale. Non è un mistero che i 5 Stelle vogliano cambiare Cingolani. Non è un mistero che il Pd sia deluso da come ha lavorato Bianchi sulla scuola. A quel punto un "tecnico non troppo forte" potrebbe prendere il posto di Draghi in un anno che sarà in gran parte dedicato ad un recupero dell'identità politica di ognuno in vista delle elezioni del 2023.

L'ipotesi Draghi

È evidente che in uno schema di questo tipo il nome di Draghi resta in pole position. Rafforzato anche dall'editoriale del Financial Times sicuro che anche da lì sarebbe in grado di guidare la politica e il Paese nella giusta direzione. Se a questo aggiungiamo che Draghi guarda al Colle con determinazione, che a Chigi non resterebbe nel caso in cui la maggioranza che elegge il Presidente della Repubblica non fosse almeno quella che sostiene il suo esecutivo, è facile intuire perché in molti scommettono che già lunedì, o al massimo martedì, ci sarà un nuovo Capo dello Stato. E non potrà non chiamarsi Mario Draghi. L'unico al momento in grado di soddisfare tutte le condizioni sul tavolo.

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