
Segretario Pd, si lavora alla successione di Zingaretti: ecco i possibili nomi
Il governatore del Lazio ha formalizzato le dimissioni con una lettera recapitata alla presidente Dem Valentina Cuppi, una missiva che rappresenta un "niet" alle richieste di ripensamento. La parola passa ora all'Assemblea nazionale, convocata il 13 e 14 marzo, che dovrà eleggere un segretario o aprire la fase congressuale, scegliendo un traghettatore: si fanno i nomi di Roberta Pinotti e Anna Finocchiaro, mentre all’orizzonte si prepara la sfida tra Andrea Orlando e Stefano Bonaccini

Nicola Zingaretti ha formalizzato le dimissioni da segretario del Pd con una lettera recapitata a metà del pomeriggio di ieri alla presidente Dem Valentina Cuppi, una missiva che rappresenta un "niet" alle richieste di ripensamento giunte da tutte le aree del partito
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La parola passa ora all'Assemblea nazionale, convocata da Cuppi il 13 e 14 marzo, che dovrà eleggere un segretario o aprire la fase congressuale. Due dunque le strade: o eleggere subito un nuovo segretario che rimanga in carica fino al 2023, oppure avviare la fase congressuale, designando un reggente che traghetti il partito alla scelta, con due contendenti che già emergono, vale a dire Stefano Bonaccini e Andrea Orlando
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Secondo alcune indiscrezioni, le diverse correnti del partito concorderebbero sulla necessità di evitare il secondo scenario, vale a dire l’avvio della fase congressuale, il che implicherebbe l'elezione non di un semplice reggente, bensì di un segretario che dovrà gestire le Amministrative e potrebbe trovarsi a governare l'elezione del presidente della Repubblica
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Il vicesegretario Andrea Orlando ha convocato la segreteria, a cui ha comunicato le procedure successive alle dimissioni di Zingaretti, sul quale però, ha confidato, era in corso un pressing affinché tornasse sui suoi passi. "Il tema non è un mio ripensamento - ha detto il segretario uscente a un evento pubblico - ma mi auguro che il mio gesto aiuti il Pd a ritrovare la voglia di discutere anche con idee diverse ma con più rispetto ed efficacia”

In un successivo post su Facebook Zingaretti ha prima chiarito che confermerà l'iscrizione al Pd, e poi ha usato toni meno aspri verso la minoranza rispetto a quelli di ieri, chiedendo alle varie correnti "la consapevolezza di avere un confronto più schietto, franco e plurale ma anche solidale"; "io non ce l'ho fatta ad ottenerlo, perché più che il pluralismo ha prevalso la polemica", ha chiosato con amarezza

Il suo è un gesto che serve a "fare chiarezza", ha spiegato Stefano Vaccari, responsabile dell'organizzazione, nel senso che obbliga tutti a una "discussione franca", come ha detto Cuppi, all'Assemblea. Nonostante tutto nel pomeriggio di ieri un nuovo appello al ripensamento è giunto da Stefano Bonaccini che ha definito "sbagliato" il suo gesto

Ma l'appuntamento del 13 e 14 marzo, oltre ad un chiarimento, potrebbe servire per eleggere un nuovo segretario, così come avvenne dopo le dimissioni di altri leader (Veltroni nel 2009, Bersani nel 2013, Renzi nel 2018). In quelle precedenti occasioni, tuttavia, il calendario non poneva davanti scadenze così impegnative come le amministrative di ottobre che eleggeranno i sindaci di tutte le maggiori città e soprattutto l'elezione dell'inquilino del Quirinale a fine gennaio 2022

È quasi unanime la richiesta non di un congresso ordinario ma di un processo costituente, cioè che ridefinisca l'identità del Pd, la sua visione del Paese: lo chiedono Matteo Mauri, Roberto Morassut, Michele Bordo, Enrico Morando, tutti appartenenti ad aree diverse

Questo taglio potrebbe portare a escludere una eventuale reggenza di pochi mesi in favore di un segretario con "pieni poteri", che magari si impegni ad avviare questa fase, non appena la pandemia lo consentirà. Il tema in discussione già in queste ore dentro la maggioranza interna, quella che ha sostenuto finora Zingaretti, è se eleggere da sola il segretario oppure, come chiede Mauri, un segretario "unitario" che coinvolga almeno Base riformista

Il "toto nomi" dipende dalla risposta a questa domanda. Il nome di Andrea Orlando, tra i più papabili nel caso si scelga di eleggere subito un nuovo segretario, escluderebbe Base Riformista dall’intesa

Se si dovesse invece optare per una figura che traghetti il Pd al congresso, da più parti si chiede che venga scelta una reggente donna. Si discute se una figura come quella dell'ex ministra della Difesa Roberta Pinotti (di Area Dem, l'area di Franceschini e Fassino) possa favorire un accordo largo

Nelle ultime ore si fa largo anche il nome di Anna Finocchiaro, non più parlamentare e indipendente rispetto alle correnti del partito

Anche Debora Serracchiani è in lizza: il suo nome, come quello delle altre possibili candidate donne, viene fatto nelle chat interne per tentare di vincere quello che Marianna Madia ha definito "il machismo" del Pd

Altri nomi, come quello di Graziano Delrio, potrebbero non essere graditi da quanti nella maggioranza vogliono un proprio dirigente, per avere semmai dopo una gestione unitaria

Sullo sfondo, se si scegliesse la via del traghettatore, si staglia quella che potrebbe essere la sfida per le prossime primarie di partito, ovvero quella che vede da una parte il ministro del Lavoro Andrea Orlando e dall’altra il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. In alternativa a quest’ultimo si parla di una possibile candidatura del sindaco di Firenze Dario Nardella