Crisi governo, Grillo a Roma: verso un confronto in vista delle consultazioni M5s

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Il Garante del Movimento arriva nella Capitale ma non ci sono ancora conferme sulla sua eventuale presenza al colloquio di sabato con Mario Draghi. Di Maio stempera i toni: “È in queste precise circostanze che una forza politica si mostra matura agli occhi del Paese”. Crimi non si sbilancia: “Ascolteremo cosa ci dirà il presidente incaricato”. Per l’ex presidente della Bce arriva anche il sì di Virginia Raggi, ma il rischio scissione è ancora concreto

L’appoggio a un eventuale governo guidato da Mario Draghi continua a far discutere il M5s, su cui pende il rischio scissione (GLI AGGIORNAMENTI SULLA CRISI - LO SPECIALE). La delicatezza della situazione emerge anche dal fatto che Beppe Grillo, a quanto si apprende da fonti parlamentari, è in arrivo a Roma. In teoria, essendo al vertice dei Cinque Stelle, Grillo potrebbe anche partecipare alle consultazioni di sabato, ma su questo non c'è alcuna conferma. Probabile invece un confronto con i Cinquestelle in vista del colloquio con Draghi. Intanto Luigi Di Maio invia un segnale distensivo: "Non abbiamo cercato noi lo stallo, ma è proprio in queste precise circostanze che una forza politica si mostra matura agli occhi del Paese”. Mentre il capo politico Vito Crimi non si sbilancia: “Andremo alle consultazioni con il presidente incaricato. Ascolteremo attentamente quanto avrà da dirci e porteremo al tavolo il M5s con la sua storia, le sue battaglie e le sue visioni”.

Grillo: “M5S si siederà al tavolo per rispetto istituzionale”

Grillo avrebbe deciso di "condurre" in prima persona la possibile svolta pro-Draghi del Movimento. Il suo arrivo è, come spesso accade, avvolto nella nebbia e ad aumentare la confusione c'è anche la chiusura temporanea, causa Covid, dell'hotel Forum, sua abituale "casa" nella Capitale. Possibile che, a questo punto, il garante del Movimento veda i "big" pentastellati già nella giornata di domani, e forse anche Conte. Poi c'è la possibilità del "coup de theatre": che sia lo stesso Grillo a partecipare alle consultazioni, sabato mattina, con Mario Draghi. Un incontro, quello tra il premier incaricato e Grillo, che forse darebbe un'impronta diversa a un eventuale sì del M5S al governo guidato dall'ex governatore della Bce. Secondo quanto emerge, Grillo avrebbe anche indicato a un gruppo di parlamentari le “condizioni” per sedersi al tavolo per la formazione del governo: difesa di tutti i provvedimenti portati a casa dal governo Conte, come il reddito di cittadinanza, il decreto dignità e le norme anticorruzione, e un programma che abbia tra i punti principali il reddito universale, un’imposta patrimoniale per i super-ricchi, acqua pubblica, blue economy, digitalizzazione, conflitto di interessi e banca pubblica. Il "M5S si siederà al tavolo per rispetto istituzionale" e "gentilezza" nei confronti del presidente della Repubblica.

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Di Maio: “Dobbiamo essere maturi”

E nel giorno in cui Draghi ha aperto le consultazioni, Di Maio ricorda che "in questa fragile cornice, il Movimento a mio avviso ha il dovere di partecipare, ascoltare e di assumere poi una posizione sulla base di quello che i parlamentari decideranno. Siamo la prima forza politica in Parlamento e il rispetto istituzionale viene prima di tutto". "Comprendo gli animi e gli umori di queste ultime ore - continua - È legittimo. Stiamo attraversando una crisi politica complessa e non abbiamo colpe”.

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Crimi: “Reddito di cittadinanza è un punto fermo”

Si sbilancia meno Crimi, che ricorda però come Grillo le battaglie del Movimento: "Sento già qualcuno appellarsi al presidente incaricato affinché tolga il reddito di cittadinanza, una misura che in questi mesi ha anche fatto da scudo al rischio di tensioni sociali - osserva il capo politico - Sabato prossimo andremo alle consultazioni con il presidente incaricato. Ascolteremo attentamente quanto avrà da dirci e porteremo al tavolo il M5s con la sua storia, le sue battaglie e le sue visioni. E, chiaramente, fra queste il reddito di cittadinanza è uno dei punti fermi. Perché, oggi più di ieri, nessuno deve rimanere indietro". Nel corso dell’assemblea fiume che si è svolta fra mercoledì e giovedì, Crimi avrebbe detto anche che tra governo tecnico e governo politico la differenza è "abissale", se c'è un governo tecnico "le decisioni sono prese in totale autonomia da un gruppo di tecnici che non devono rispondere a gruppi politici o a un elettorato. Questo era il governo Monti e i risultati li abbiamo visti". Crimi, a quanto viene riferito, ha anche spiegato la genesi dell'iniziale post di chiusura al governo Draghi del M5s che ha fatto infuriare alcuni parlamentari: il silenzio sarebbe stato letto come un'accettazione e convocare un'assemblea e sentire tutti avrebbe richiesto molte ore, quindi "ho convocato i capigruppo" e preso una decisione "conforme alla posizione che abbiamo sempre avuto sui governi tecnici".

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La situazione fra pro-Draghi e l’ala Di Battista

E proprio a partire dalla notte fra il 3 e il 4 febbraio, sui vertici del M5S è cominciata una serrata operazione di persuasione dell'ala pro-Draghi. Oltre all’apertura di Di Maio, anche il sì a Draghi di Virginia Raggi non passa inosservato, soprattutto nel suo invito a parlare di temi e non di poltrone. L'apertura di Conte fa il resto e il sì dell'ex governatore della Bce a un governo politico, salvo colpi di scena, scioglierebbe gli ultimi dubbi dei big del Movimento. Eppure, l'ala guidata da Alessandro Di Battista non cede. A quanto si apprende, in parte spera ancora in un Conte-ter, in parte vede il sì a Draghi come l'ennesimo tradimento dei valori originari. "E l'appoggio di Berlusconi, che peraltro va anche alle consultazioni, renderà ancora più difficile il sì unanime dei gruppi", ammette un deputato MSs. La frattura su Draghi rischia ancora di fare da anticamera alla scissione: "Il M5s degli attivisti è nelle mani di Di Battista ma è un Movimento che non ha più ragione di esistere. Noi dobbiamo evolverci", spiega una fonte pentastellata.

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I numeri del M5s

Non sono ancora chiari i numeri della base parlamentare di cui potrebbe godere un governo Draghi, anche se l'apertura del M5s fa ben sperare per la maggioranza in entrambe le Camere, anche in caso di scissione dei parlamentari vicini a Di Battista. A Montecitorio l'ex presidente della Bce, con l'appoggio del M5s, arriverebbe a 441/451 voti. Lo scenario non cambia in Senato: per raggiungere la maggioranza occorrono almeno 161 sì (il plenum è costituito da 315 senatori eletti e 6 a vita), soglia che sarebbe ampiamente superata con l'appoggio dei 5s: i sì infatti raggiungerebbero quota 231. Quindi anche in Senato la maggioranza verrebbe raggiunta anche se i circa 10 senatori vicini a Di Battista (guidati da Barbara Lezzi), uscissero.

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