La Guardia di Finanza è entrata nell'impresa del politico per indagini legate all'inchiesta della procura di Genova sul presunto riciclaggio di parte dei 49 milioni di euro ottenuti dal Carroccio come rimborsi elettorali
La Guardia di Finanza ha perquisito l'azienda Boniardi Grafiche srl del deputato leghista Fabio Massimo Boniardi. L'operazione è legata all'inchiesta della procura di Genova sul presunto riciclaggio di parte dei 49 milioni di euro ottenuti dalla Lega come rimborsi elettorali, grazie a bilanci non trasparenti all'epoca della gestione del leader Umberto Bossi e del tesoriere Francesco Belsito (LEGGI LE TAPPE DELL'INCHIESTA).
Acquisiti documenti e altro materiale
I finanzieri, guidati dal colonnello Maurizio Cintura, hanno acquisito documenti cartacei e informatici su disposizione del procuratore aggiunto Francesco Pinto e del sostituto Paola Calleri, che coordinano l'inchiesta. Boniardi non è indagato. A dicembre non era stato possibile procedere con la perquisizione, perché il deputato aveva domicilio presso la tipografia. La procura aveva chiesto l'autorizzazione al Parlamento che l'ha concessa ai primi di agosto. Intanto i pm genovesi avevano indagato per riciclaggio l'assessore all'autonomia e alla cultura della Regione Lombardia, Stefano Bruno Galli, all'epoca presidente dell'associazione "Maroni Presidente". Secondo l'accusa circa 450mila euro sarebbero transitati da Banca Alletti all'associazione "Maroni presidente" e da questa girati su alcuni conti riconducibili alla Lega.
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Denaro utilizzato per comprare materiale per la campagna elettorale
I soldi, tramite Galli sarebbero formalmente stati utilizzati per acquistare del materiale a sostegno della campagna elettorale della Lega ma, in realtà, non sarebbero mai stati spesi e sarebbero rientrati in altri conti correnti, riconducibili al partito. La Banca Aletti era l'istituto su cui a Genova era aperto il conto su cui erano stati versati i soldi dei rimborsi e che avevano fatto spostare la prima inchiesta da Milano al capoluogo ligure.
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La decisione della Cassazione
Un anno fa la Cassazione aveva dichiarato prescritti i reati commessi da Bossi e Belsito, ma aveva confermato la confisca dei 49 milioni. Secondo gli inquirenti parte di quel denaro sarebbe stato fatto sparire in Lussemburgo. E parte sarebbe tornata nelle mani della Lega, con un vorticoso giro di bonifici e fatture false, grazie all'associazione "Maroni Presidente". Due anni fa il partito aveva trovato un accordo con la procura e ha iniziato a restituire i soldi con una rateizzazione di 600 mila euro all'anno e che finirà tra circa 80 anni.