Bonafede, perché si è votata la sfiducia e cosa sostenevano le due mozioni (poi respinte)

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Il 20 maggio il Senato ha messo ai voti due mozioni contro il ministro della Giustizia, una presentata dal centrodestra e l’altra da +Europa. Nessuna delle due è passata. Cosa è successo e come si è arrivati alla richiesta di sfiducia

Il 20 maggio in Senato si sono votate due mozioni di sfiducia nei confronti del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Il ministro del M5s, nelle scorse settimane, è finito al centro di numerose polemiche che hanno portato l'opposizione di centrodestra (Lega, FdI e Forza Italia) e +Europa (appoggiata da Azione di Carlo Calenda) a chiedere la sfiducia. Entrambe le mozioni sono state respinte dai senatori, rispettivamente con 131 sì, 160 no e un astenuto (quella del centrodestra) e 124 voti a favore, 158 contrari e 19 astenuti (quella di +Europa). Ma come si è arrivati alla richiesta di sfiducia?

Il caso Di Matteo e le scarcerazioni

Le mozioni di sfiducia nei confronti di Alfonso Bonafede sono nate dopo le polemiche per la scelta del ministro della Giustizia di affidare la direzione del Dap a Francesco Basentini al posto del magistrato antimafia Nino Di Matteo. Quest'ultimo ha accusato il Guardasigilli di aver nominato Basentini dopo le proteste dei boss contro il magistrato antimafia. Bonafede ha replicato ritenendo l’affermazione “infamante”. Il ministro della Giustizia è poi stato criticato anche per le scarcerazioni di boss e detenuti di alta sicurezza, decise a seguito delle rivolte nei penitenziari nate a causa dell’emergenza sanitaria Coronavirus (AGGIORNAMENTI LIVE). Bonafede aveva spiegato che gran parte delle scarcerazioni erano state disposte per gravi patologie, ma molte ordinanze facevano esplicito riferimento all'emergenza da Covid-19.

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La mozione di +Europa

Per quanto riguarda la mozione di +Europa, Emma Bonino sosteneva che il Guardasigilli si fosse “reso promotore e responsabile di una costante manomissione dell’imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo». Nella mozione si leggeva anche che il ministro non ha tenuto fede agli “impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, non ha ancora calendarizzato il disegno di legge di riforma del processo penale”, che avrebbe dovuto precedere "la soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio". Il Dipartimento affari penitenziari non avrebbe inoltre predisposto adeguate misure di prevenzione sanitaria per evitare disordini nelle carceri. Tutto questo, per +Europa, farebbe “parte di un quadro generale di carenze e insufficienze del sistema che non potevano essere sconosciute al ministro”. Nella mozione si criticava poi “la negligenza derivante da un’idea puramente afflittiva della pena e con un assoluto difetto di progettualità” e si riteneva che la reazione dell’esecutivo fosse stata “confusa e contraddittoria, fino a giungere all’adozione con decreto legge di un provvedimento che ha imposto la revisione, con effetto retroattivo, delle decisioni precedentemente adottate dei giudici di sorveglianza, con un vulnus esplicito e dichiarato al principio della divisione dei poteri”.

La mozione del centrodestra

Il centrodestra criticava invece il "culmine del fallimento complessivo" dell'operato di Bonafede, individuato nella vicenda del capo del Dap. Nel testo veniva ricordata la mancata nomina di Nino Di Matteo a favore del magistrato Francesco Basentini “che non poteva vantare specifiche competenze ordinamentali in materia penitenziaria e antimafia”. Basentini si è poi dimesso a seguito delle polemiche sulle scarcerazioni dei boss a causa dell’epidemia di coronavirus. Al centro anche di questa mozione c'era la gestione della situazione nei penitenziari durante l’emergenza sanitaria. Per il centrodestra le rivolte nelle carceri erano “finalizzate ad alimentare la discussione su indulti, amnistie e provvedimenti che avrebbero potuto alleggerire il carcere anche per gli uomini della criminalità organizzata” e il ministro Bonafede era colpevole di aver iniziato ad “avanzare ipotesi di interventi normativi volti incredibilmente ad accogliere le richieste dei rivoltosi”.

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