Il magistrato ha raccontato che nel 2018 Bonafede gli propose di dirigere il Dap, offerta che sarebbe venuta meno dopo la reazione preoccupata di mafiosi al 41bis. Il Guardasigilli: “Esterrefatto. Infamante che io condizionato da boss". Opposizioni chiedono chiarimenti
È scontro tra il magistrato Nino Di Matteo e il Guardasigilli Alfonso Bonafede dopo un botta e risposta, avvenuto durante la trasmissione “Non é l’Arena" su La7. Di Matteo ha affermato che nel 2018 Bonafede gli aveva offerto di dirigere il Dap (il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria), ma l’offerta sarebbe poi venuta meno, secondo la versione di Di Matteo, dopo la reazione di alcuni boss detenuti al 41 bis, intercettati, preoccupati per questa sua eventuale nomina. Bonafede, che propose invece al magistrato la direzione degli Affari penali del ministero, ha telefonato in diretta durante la trasmissione, dicendosi "esterrefatto", perché la circostanza che lui avrebbe cambiato decisione dopo aver saputo dell'intercettazione ("che peraltro era già stata pubblicata") "non sta né in cielo né in terra". Bonafede ha aggiunto che l'incarico di capo degli Affari Penali che Di Matteo ha poi rifiutato, "non era un ruolo minore , ma più di frontiera nella lotta alla mafia. Lo stesso incarico che ricoprì Giovanni Falcone”. La vicenda però ha scatenato numerose reazioni politiche, con la Lega e Fratelli d’Italia che hanno chiesto al ministro di dimettersi.
La vicenda nel racconto di Di Matteo
Di Matteo ha raccontato:; “Venni raggiunto da una telefonata del ministro che mi chiese se ero disponibile ad accettare l'incarico di capo del Dap o in alternativa quello di direttore generale degli Affari penali, il posto che fu di Falcone. Io chiesi 48 ore di tempo per dare una risposta. Nel frattempo alcune informazioni che il Gom della polizia penitenziaria aveva trasmesso alla procura antimafia e anche al Dap avevano descritto la reazione di importantissimi capi mafia: se nominano Di Matteo per noi è la fine". Di Matteo racconta quindi che "andai a trovare il ministro dicendo che avevo deciso di accettare l'incarico al Dap, ma improvvisamente il ministro mi disse che ci aveva ripensato e nel frattempo avevano deciso di nominare il dottor Basentini". "Ci aveva ripensato o forse qualcuno lo aveva indotto a ripensarci", ha aggiunto Di Matteo.
La replica di Bonafede
"Rimango veramente esterrefatto - ha replicato Bonafede intervenendo telefonicamente - nell'apprendere che viene data un'informazione grave nella misura in cui si lascia trapelare un fatto assolutamente sbagliato e cioè che sarei arretrato dalla mia scelta di proporre al dottor Di Matteo un ruolo importante all'interno del ministero perché avrei saputo di intercettazioni. Dire che agli italiani che lo Stato sta arretrano rispetto alla lotta mafia è un fatto grave". "Non sto chiamando - ha proseguito il ministro - né per difendermi né per dare chiarimenti, io metto davanti i fatti perché nei miei quasi due anni da ministro ho portato avanti solo leggi scomode, che mi fanno vivere sotto scorta, ho firmato 686 atti per il 41 bis. La questione è molto semplice: io ho chiamato il dottor Di Matteo per la stima che ho nei suoi confronti, parlandogli della possibilità di fargli ricoprire uno dei due ruoli, o capo del Dap o direttore degli Affari penali, dicendogli che era mia intenzione farlo scegliere praticamente a lui, anche se ne avremmo parlato insieme. Nella stessa telefonata Di Matteo mi chiarisce che c'erano state nelle carceri delle intercettazioni" nelle quali i detenuti avrebbero espresso la loro contrarietà alla sua nomina al Dap”. "Sapevo chi è Di Matteo, sapevo chi stavo per scegliere, e tra l'altro l'altro quella intercettazione era già stata pubblicata e sono intercettazioni di cui il ministro dispone perché le fa la polizia penitenziaria. Il fatto che il giorno dopo avrei ritrattato quella proposta in virtù di non so quale paura sopravvenuta non sta né in cielo né in terra. E' una percezione del dottor Di Matteo. Quando lui è venuto al ministero gli ho detto che tra i due ruoli per me sarebbe stato molto più importante quello di direttore degli Affari penali perché era molto più di frontiera nella lotta alla mafia. Quindi non gli ho proposto un ruolo minore nella lotta alla mafia. E a me sinceramente era sembrato che alla fine dell'incontro fossimo d'accordo".
La risposta di Di Matteo
"Io oggi non ho fatto interpretazioni - ha replicato ancora Di Matteo - ma ho raccontato dei fatti precisi e li confermo. Preciso che non si trattava di una sola intercettazione, ma in più sezioni di 41 bis c'erano state dichiarazioni fatte ostentatamente dai detenuti che, gridando da un piano all'altro, dissero che 'se e arriva Di Matteo questo butta la chiave'. Mi pare che il ministro abbia confermato i fatti, io non do interpretazioni".
Bonafede: infamante che io condizionato da boss
"L'idea trapelata nel vergognoso dibattito di oggi, secondo cui mi sarei lasciato condizionare dalle parole pronunciate in carcere da qualche boss mafioso è un'ipotesi tanto infamante quanto infondata e assurda", ha replicato oggi su Facebook il ministro della Giustizia Bonafede. "Ho sempre agito a viso aperto nella lotta alle mafie".
Le reazioni politiche
La vicenda ha scatenato molte reazioni politiche. “Ai disastri si aggiungono ombre sul comportamento del Guardasigilli. Fossi Alfonso Bonafede, domani mattina rassegnerei le mie dimissioni di ministro della Giustizia”, ha commentato la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni. Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, ha chiesto che Bonafede “venga a riferire in Parlamento. Le accuse del pm non possono cadere nel vuoto”. I parlamentari della Lega in commissione Antimafia hanno commentato: “Bonafede non può più essere Guardasigilli”. Il Pd invece ha fatto sapere: “Siamo certi che Bonafede riferirà in Aula e in commissione Antimafia. Sulla lotta alle mafie non può esserci confusione”. Infine Matteo Renzi. leader di Italia Viva ha detto che "siamo in presenza di una clamorosa vicenda giudiziaria che rischia di essere il più grave scandalo giudiziario degli ultimi anni". L’ex premier ha chiesto ai protagonisti della vicenda di fare "chiarezza". "Prima di parlare di mozioni di sfiducia, che fa la destra, vogliamo vedere. Prima ancora di arrivare lì voglio vedere se è un regolamento di conti, voglio sapere la verità".