Il vicepremier commentando il tonfo elettorale in Sardegna del M5s, fermo attorno all'11%, annuncia l’apertura una riorganizzazione interna e ribadisce: “Il ruolo del capo politico si ridiscute tra 4 anni”. Parole critiche di Grillo? “Lo sento spesso, nessun diverbio”
Via il tetto dei due mandati per i consiglieri comunali del M5s. Ad annunciarlo il capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio a due giorni dalle elezioni regionali in Sardegna, che hanno visto la vittoria di Christian Solinas (CHI È) del centrodestra con il 47,8% dei voti, la tenuta del centrosinistra col 32,9% e il tonfo del M5S fermo attorno all'11% (I RISULTATI). Di Maio, mentre da un lato assicura sulla tenuta del governo, dall’altro annuncia l’apertura di una fase di riorganizzazione all’interno del partito. A cominciare proprio da chi si candida alle elezioni locali. “Fare il consigliere comunale non si può pensare sia un privilegio, lo dico in generale non solo per M5s - spiega il vicepremier - Oggi un nostro eletto in un comune è presidio di legalità e lotta contro i privilegi e contro la gestione disinvolta dei comuni. Dobbiamo discutere nuove regole: ad esempio affinché il secondo mandato non valga come tale in modo che possano pensare di candidarsi al Parlamento e al consiglio regionale". (SOLINAS A SKY TG24: PREMIATO NOSTRO MODO DI FARE POLITICA)
“Oggi apriamo la riorganizzazione del Movimento”
"Oggi apriamo la discussione all'interno del M5S e con i cittadini italiani per la riorganizzazione del Movimento", spiega il capo politico del Movimento. Una ridefinizione in primis del percorso politico dei candidati, che presuppone innanzitutto "maggiore esperienza", ad esempio con "un primo mandato come consigliere comunale". "La nuova organizzazione non sarà calata dall'alto - prosegue il vicepremier - serve perché abbiamo richieste di aiuto da cittadini in tutta Italia, su temi come la sanità ad esempio. È impossibile rispondere dal governo, serve un'organizzazione per filtrare, in modo che gli eletti facciano da filtro a istanze molto diverse. Non servirà solo al M5S, ma anche agli italiani". Secondo il ministro dello Sviluppo economico servono, tra le altre cose, "figure che possano coordinare gli eletti" (LA MAPPA DEI GOVERNATORI DELLE REGIONI).
Le critiche interne
Ma dall'ala movimentista dei pentastellati arrivano diverse critiche: il confronto, secondo alcuni esponenti, dovrebbe partire a monte, non con solo un sì o no sulla piattaforma Rousseau a ratificare decisioni già prese. Al leader, i più intransigenti chiedono un confronto interno e rilanciano proposte come: un gruppo di supporto che lavori sui temi, coinvolgendo parlamentari, membri delle commissioni e territorio e una condivisione di un percorso, sia per quanto riguarda le leggi in Parlamento sia sulla strada che deve percorrere il Movimento. Al momento sono due le voci"'dissonanti" che si sono fatte sentire: Paola Nugnes ("Il capo politico dovrebbe essere ancora Grillo", ha detto) ed Elena Fattori ("Secondo me Luigi dovrebbe fare solo il capo politico del Movimento, che è già un grande impegno. Il resto gli ruba solamente tempo e ci sono persone altrettanto preparate che possono sostituirlo"). Entrambe le senatrici rischiano il cartellino rosso, soprattutto se sul voto sul caso Diciotti nell'Aula di palazzo Madama dovessero esprimersi in una direzione opposta a quella emersa dalle votazioni on line. I vertici M5s auspicano che i malpancisti - non sono solo Nugnes e Fattori - escano dall'Aula, invece di non uniformarsi alla maggioranza.
"Nessun impatto sul governo"
Di Maio chiude poi a ogni possibile messa in discussione del suo ruolo come capo politico del Movimento 5 Stelle e al contempo rassicura sulla tenuta dell’esecutivo: "Le elezioni amministrative non avranno alcun impatto sul governo e sulla vita interna del Movimento: il ruolo del capo politico si ridiscute tra 4 anni". Un messaggio che in più occasioni ribadisce anche il collega Matteo Salvini: “È un voto locale, sulle scelte nazionali non cambia nulla”. Critico invece Beppe Grillo: “Forse non siamo all'altezza, forse siamo principianti come dicono”.
"Sento spesso Grillo, nessun diverbio"
Il vicepremier nega che ci sia un contrasto di vedute con il fondatore del M5s Beppe Grillo, che ha commentato il risultato elettorale nel corso di uno spettacolo a Catania con parole molto dure. "Con Grillo mi sento spesso, anche 10 minuti fa, anche ieri, non c'è nessun diverbio, nessun tipo di tensione – garantisce Di Maio - Sono 4 anni che dopo le amministrative c'è lo scontro secondo i giornali tra me e Beppe. 'Fai cadere il governo', gli ha attribuito qualcuno...non esiste nulla". "Che Grillo mi abbia detto di far cadere il governo è una sciocchezza", ribadisce per poi minimizzare le critiche interne al partito, come quelle espresse dalla dissidente parlamentare Paola Nugnes: "Quelle due persone su 330 che hanno parlato contro di me non hanno il problema di essere rieletti in Parlamento”, attacca. Poi, una stoccata al Pd: "Il centrosinistra dal 2013 si illude di poter rubare voti al M5S alle amministrative come al mercato delle vacche”.
Le tensioni con la Lega
Nel frattempo, restano alte le tensioni con l'alleato leghista sui vari dossier, come ad esempio la Tav . "Non possiamo accettare - sottolinea uno degli esponenti di punta del Movimento - un sì sulla Torino-Lione. La Lega dovrà piegarsi, magari accettando una sospensione del progetto per alcuni anni, non basta solo a dopo le Europee". La Lega, però non è d'accordo, chiede che arrivi subito un segnale su questo punto, altrimenti sia il voto in Piemonte a "decidere" sul da farsi. Sul tavolo poi le questioni dell'Autonomia ("Oggi durante l'audizione nella Commissione parlamentare per le questioni regionali il ministro Stefani ha ammesso che non c'è accordo", riferisce un senatore M5s) e della legittima difesa. Permangono le perplessità sul provvedimento da parte soprattutto dei dissidenti ma l'accordo Di Maio-Salvini e' blindato, viene sottolineato, il rinvio di una settimana è solo legato alla possibilità di avere i tempi contingentati ed approvare il testo a metà marzo, insieme alla legge sul voto di scambio. I vertici M5s più che altro puntano il dito sul deficit di comunicazione. A rimarcarlo è anche il sottosegretario agli Affari regionali del M5S Buffagni: "Evidentemente non siamo bravi abbastanza". "Al governo non si può continuare ad avere un approccio barricadero come quello di prima con urla", spiega, "credo sia utile portare a casa risultati concreti".