Il testo, modificato nel 2017, prevede le dimissioni a seguito di una condanna, anche solo di primo grado. Inizialmente le dimissioni erano previste già per la sola iscrizione sul registro degli indagati. Anche se non in automatico
Quello della giustizia è un tema da sempre molto caro al M5s. Trasparenza, legalità, onestà le parole cardine dell'etica pentastellata. Il codice del Movimento Cinque Stelle prevede le dimissioni a seguito di una condanna, anche solo di primo grado. Questo dal 2017. Inizialmente le dimissioni erano previste già per la sola iscrizione sul registro degli indagati. Anche se non in automatico. Dovevano chiederle i garanti del movimento o gli iscritti a maggioranza con una consultazione online. Da circa un anno le regole sono cambiate. (L'ASSOLUZIONE DI VIRGINIA RAGGI)
Cosa prevede, quindi, il codice etico?
Centrale l'art. 6, che recita: "È considerata grave ed incompatibile con il mantenimento di una carica elettiva quale portavoce del MoVimento 5 Stelle la condanna, anche solo in primo grado, per qualsiasi reato commesso con dolo". Grave e incompatibile. Altra soluzione potrebbe essere l'autosospensione, che secondo il regolamento "può essere valutata quale comportamento suscettibile di attenuare la responsabilità disciplinare". In questo caso spetterebbe a Beppe Grillo, garante del Movimento, a Luigi Di Maio, capo politico, e al collegio dei probiviri prendere una decisione.
I precedenti
Un codice etico in versione soft, prima di questa inversione di tendenza il Movimento per ogni semplice avviso di garanzia e ogni semplice indagato gridava in massa "dimissioni subito." Molti ex attivisti pentastellati sono stati vittima della vecchia morale. Il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, la sindaca di Quarto Rosa Capuozzo, fino all'assessore all'ambiente del Comune di Roma, Paola Muraro. Richieste di dimissioni, con esiti diversi, datate tutte 2016.