Tensione su cifre in relazione tecnica del decreto. Il ministro: "8mila posti in meno? Non è vero. Apparso prima di invio al Colle". Fonti ministero Economia: dl giunto già con dati su contratti. Padoan: respingo insinuazioni. Il vicepremier: non abbia coda di paglia
I numeri apparsi nella relazione tecnica del decreto Dignità, appena entrato in vigore (COSA PREVEDE), hanno dato vita a uno scontro tra il ministro Luigi Di Maio e il Mef, causando anche il malumore del M5s. Secondo la relazione, 8mila posti di lavoro verrebbero persi in un anno (80mila in dieci anni) per via delle misure del decreto. “Quel numero per me non ha alcuna validità”, dice il titolare del ministero del Lavoro e dello Sviluppo economico. "È apparso la notte prima che il decreto venisse inviato al Quirinale. Non è stato messo dai miei ministeri o altri ministri", afferma il leader M5s in un video sul suo profilo Facebook. "Questo decreto dignità ha contro lobby di tutti i tipi". Secondo fonti del Mef, però, le relazioni tecniche sono presentate insieme ai provvedimenti dalle amministrazioni proponenti, così è successo anche nel caso del decreto dignità, che sarebbe giunto al ministero dell'Economia e Finanze corredato di relazione con tutti i dati, compreso quello sugli effetti sui contratti di lavoro della stretta anti-precari. Di Maio ha poi aggiunto: "Sono sbalordito. La prossima volta metterò sotto scorta il decreto legge quando lo mando in giro. Non ho capito perché abbia reagito il Mef: non l'ho nominato. La vicenda ha causato anche reazioni tra pentastellati: fonti M5s avrebbero espresso l’intento di "fare pulizia" nella Ragioneria dello Stato e al ministero dell'Economia. Ira dell'ex ministro Padoan: "Se M5s insinua che qualcuno della mia ex squadra si sia comportato scorrettamente, magari perché sobillato, lo respingo sdegnosamente: sarebbero accuse di gravità incredibile". Parole a cui ha di nuovo replicato Di Maio: "Padoan mi sembra che abbia la coda di paglia: non l'ho mai nominato. Su quel numero la manina non è stata della politica".
"Fermamente convinti che decreto aumenterà contratti stabili"
Nel video che ha aperto la giornata di polemiche, Di Maio ha detto: "Il mio sospetto è che questo numero sia stato un modo per cominciare ad indebolire questo decreto e per fare un po' di caciara. Tutti devono sapere che questo decreto non lo abbiamo fatto per aumentare la disoccupazione, siamo fermamente convinti che aumenterà i contratti stabili e stiamo lavorando a nuove misure per abbassare il costo del lavoro e incentivare i contratti a tempo indeterminato". Il ministro del Lavoro ribatte con i contratti fissi che secondo lui aumenterebbero con l’effetto delle misure del decreto Dignità: "Perché non c'è scritto nella relazione quanti contratti a tempo indeterminato nasceranno per effetto della stretta dei contratti a tempo determinato, visto che noi aumenteremo gli incentivi a tempo indeterminato? - si chiede quindi il ministro - È questo che mi lascia veramente perplesso". In giornata, fonti qualificate M5s riportate dall’Ansa, avrebbero espresso l’intento di "fare pulizia" nella Ragioneria dello Stato e al Mef. La tabella "spuntata di notte" sugli 8000 posti in meno viene ritenuta un episodio "gravissimo": il sospetto è che ci siano responsabilità di uomini vicini alla squadra dell'ex ministro Pd Padoan. E l'idea è uno spoil system per "togliere dai posti chiave chi mira a ledere l'operato di governo e M5s.
Lo scontro sulle cifre del decreto
La stima di 8mila posti di lavoro in meno è indicata nella relazione tecnica che accompagna il decreto Dignità: la stretta sui contratti a tempo e su quelli in somministrazione avrà come effetto quello di ridurne 3.300 nel 2018 e poi 8mila ogni anno a partire dal 2019. Nella relazione tecnica si scopre che si prevede un rallentamento dei rinnovi, con un impatto anche economico: in due anni saranno versati 135 milioni di contributi in meno (al netto del fisco). Le stime di copertura devono prevedere in modo prudenziale gli effetti negativi sui conti di una scelta: non misurano invece i possibili impatti su ''stabilizzazioni'', sui contratti precari che - resi più difficili - vengono trasformati in un lavoro stabile. Così la tabella allegata indica 3.300 lavoratori in meno nel 2018 e 8 mila l'anno dal 2019 al 2028. E questo ha acceso la polemica politica. "Ma non doveva essere la Waterloo del precariato? Il problema del lavoro non si risolve distruggendolo", ha scritto il segretario del Pd Maurizio Martina su Twitter postando una foto della relazione. Critiche sono arrivate anche da Forza Italia e FdI.
Di Maio: non c'è progetto alleanza Lega in Basilicata
In giornata il vicepremier, che si trovava a Matera, ha parlato della situazione politica in Basilicata, dopo il presunto scandalo sulla Sanità emerso nelle scorse settimane. “Pittella deve dimettersi e liberare questa regione il prima possibile perché non si gioca con la sanità". Poi ha annunciato nuove regole per le candidature M5s per le prossime regionali. E proprio in vista della tornata in Basilicata ha detto: "Non ci sono in progetto alleanze con altre forze politiche”, rispondendo su una possibile convergenza con la Lega per le elezioni in programma nel prossimo autunno.