L'annuncio dell'attuale presidente della Commissione antimafia in un'intervista al Fatto quotidiano. Il passo indietro dopo ventitre anni alla Camera e cinque a Strasburgo. Sul Pd dice: "Non funziona se si trasforma in un carro al seguito dell'uomo solo al comando". Sulle primarie: "Partita ancora aperta"
“Finita questa legislatura lascerò il campo”. Rosy Bindi annuncia così, in un’intervista al Fatto Quotidiano, il suo addio alla politica dopo oltre vent’anni. “Ho lavorato in questo Palazzo per ventitre anni, e prima ancora altri cinque a Strasburgo. La passione mi ha tenuta viva e integra. Fare politica non è un mestiere, ed è impossibile servirla senza quel fuoco che arde”, ha spiegato l’attuale presidente della Commissione parlamentare antimafia.
Oltre vent’anni in politica - Rosy Bindi, nata a Sinalunga, in provincia di Siena, il 12 febbraio 1951, è una delle figure di spicco della politica recente italiana. Cattolica di sinistra, ha sempre cercato il dialogo con i laici. Ha iniziato nella Dc per poi passare a Ppi, Margherita e, dal 2007, al Partito democratico. È stata eletta per la prima volta alla Camera nel 1994 con il Partito popolare italiano. Da allora è sempre stata in Parlamento, attraversando sei legislature. Prima, dal 1989, è stata eurodeputata a Strasburgo. Tra i suoi incarichi: ministra della Sanità (dal 1996 al 2000), ministra per le Politiche per la famiglia (dal 2006 al 2008); vicepresidente della Camera (dal 2008 al 2013).
Alle primarie Pd “partita aperta” - Dal 2009 al 2013, Bindi è stata anche presidente del Partito democratico. “Ho lasciato una casa incompiuta – ha detto Bindi nell’intervista al quotidiano – e ora la ritrovo un po’ diroccata. Il Pd come si è visto non funziona se si trasforma in un carro al seguito dell'uomo solo al comando. Non era nato per stare tutto il tempo ad applaudire il leader ma per essere la sintesi di diverse culture: socialista, cattolica, ambientalista, liberale. Se riprende quella strada, forse avrà vita”. All’osservazione che, secondo molti, Matteo Renzi avrebbe già ipotecato la vittoria bis alle primarie, Bindi ha risposto: “Non è detto. La partita è ancora aperta, sia Andrea Orlando che Michele Emiliano sono due competitori veri. La poltrona di segretario non è già assegnata. Chi vuol far passare questo messaggio rende le primarie inutili”. “Tutti miei amici – ha aggiunto – sono con Orlando”. E ancora: “Non si può andare a votare con due sentenze della Consulta. Se la sera delle elezioni vogliamo sapere chi governerà bisogna avere una legge che dia il premio alla coalizione. È un obiettivo possibile e Orlando ha preso questo impegno se diventa segretario”. Bindi è stata critica anche sull'atteggiamento del Pd nei confronti del M5S: “Troppo spesso li inseguiamo sul loro terreno. Ieri sullo streaming e sui costi della politica, oggi sulla legge elettorale. Si chiama sudditanza”.