Inizia giovedì 9, alla Camera, il voto per colmare un vuoto normativo sul quale ora la Corte europea ha sanzionato l'Italia. Nell'ultima versione le pene vanno da 4 a 10 anni. Il ddl potrebbe essere approvato già la prossima settimana
Il voto in Aula arriverà giovedì 9 aprile ma è da circa due anni che il disegno di legge contro la tortura è all'esame del Parlamento (e ora anche la Corte europea ha sanzionato il nostro Paese per tale vuoto normativo). Piuttosto travagliato il suo iter: arrivato in commissione Giustizia del Senato il 22 luglio 2013, venne votato dall'Assemblea di Palazzo Madama il 5 marzo 2014. Trasmesso poi alla Camera, è rimasto in commissione dal 6 maggio 2014 fino a marzo. Se la Camera confermerà le modifiche, il provvedimento dovrà tornare a Palazzo Madama per l'approvazione definitiva forse già la settimana prossima. Un'approvazione che arriverebbe a 26 anni dalla prima proposta di legge.
La reclusione da 4 a 10 anni - Il provvedimento, più volte rimaneggiato e spesso oggetto di divisioni anche all'interno della stessa maggioranza, introduce di fatto il reato di tortura nell'ordinamento italiano che resta però un reato comune, punito con la reclusione da 4 a 10 anni, mentre in molti altri paesi europei è considerato tale solo se commesso da un pubblico ufficiale. Nella versione licenziata dalla commissione Giustizia della Camera il fatto che venga commesso da un pubblico ufficiale è considerato solo come un'aggravante con pene che vanno dai 5 ai 12 anni. Ma si tratta di un testo modificato rispetto a quello uscito dal Senato un anno fa e quindi, se anche l'Aula di Montecitorio dovesse dare il via libera in tempi rapidi, dovrà poi tornare all'esame di Palazzo Madama.
Le modifiche alla Camera - Rispetto alla versione licenziata dal Senato alla Camera, nel nuovo articolo del codice penale che viene introdotto (il 613-bis) sono stati introdotti "più paletti", come si spiega nell'opposizione. Così rischia la condanna da 4 a 10 anni (il testo del Senato diceva dai 3 ai 10 anni) chiunque, con violenza o minaccia, "ovvero con violazione dei propri obblighi di protezione, di cura o di assistenza intenzionalmente" cagiona "ad una persona a lui affidata o comunque sottoposta alla sua autorità, vigilanza o custodia", acute sofferenze fisiche o psichiche "al fine di ottenere, da essa o da un terzo, informazioni o dichiarazioni, o infliggere una punizione, o vincere una resistenza, o in ragione dell'appartenenza etnica, dell'orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose" è punito con la reclusione da 4 a 10 anni (ndr, le frasi tra virgolette sono state introdotte alla Camera).
Se il reato è commesso da un pubblico ufficiale - Se tutti questi fatti vengono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, "con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio", si applica la pena della reclusione da 5 a 12 anni. Quindi alla Camera si aggiunge ex novo che comunque "la sofferenza deve essere ulteriore rispetto a quella che deriva dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti".
La reclusione da 4 a 10 anni - Il provvedimento, più volte rimaneggiato e spesso oggetto di divisioni anche all'interno della stessa maggioranza, introduce di fatto il reato di tortura nell'ordinamento italiano che resta però un reato comune, punito con la reclusione da 4 a 10 anni, mentre in molti altri paesi europei è considerato tale solo se commesso da un pubblico ufficiale. Nella versione licenziata dalla commissione Giustizia della Camera il fatto che venga commesso da un pubblico ufficiale è considerato solo come un'aggravante con pene che vanno dai 5 ai 12 anni. Ma si tratta di un testo modificato rispetto a quello uscito dal Senato un anno fa e quindi, se anche l'Aula di Montecitorio dovesse dare il via libera in tempi rapidi, dovrà poi tornare all'esame di Palazzo Madama.
Le modifiche alla Camera - Rispetto alla versione licenziata dal Senato alla Camera, nel nuovo articolo del codice penale che viene introdotto (il 613-bis) sono stati introdotti "più paletti", come si spiega nell'opposizione. Così rischia la condanna da 4 a 10 anni (il testo del Senato diceva dai 3 ai 10 anni) chiunque, con violenza o minaccia, "ovvero con violazione dei propri obblighi di protezione, di cura o di assistenza intenzionalmente" cagiona "ad una persona a lui affidata o comunque sottoposta alla sua autorità, vigilanza o custodia", acute sofferenze fisiche o psichiche "al fine di ottenere, da essa o da un terzo, informazioni o dichiarazioni, o infliggere una punizione, o vincere una resistenza, o in ragione dell'appartenenza etnica, dell'orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose" è punito con la reclusione da 4 a 10 anni (ndr, le frasi tra virgolette sono state introdotte alla Camera).
Se il reato è commesso da un pubblico ufficiale - Se tutti questi fatti vengono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, "con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio", si applica la pena della reclusione da 5 a 12 anni. Quindi alla Camera si aggiunge ex novo che comunque "la sofferenza deve essere ulteriore rispetto a quella che deriva dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti".