Fassina lascia il governo in polemica con Renzi

Politica

Il segretario Pd ironizza sul viceministro dell'Economia: "Fassina chi?". E lui annuncia le dimissioni: "La delegazione del partito al governo va resa coerente con il risultato congressuale. Non c'è nulla di personale"

"Fassina chi?". Matteo Renzi, che non ha mai nascosto la propria distanza politica dal viceministro dell'economia, ironizza sulle sue insistenze di rimpasto e, con una battuta, chiude lì la questione. O almeno questo pensava di ottenere. Invece, poco dopo, arriva la piccata risposta di Fassina che consegna a Palazzo Chigi le sue "irrevocabili" dimissioni. E punta il dito proprio sul nuovo segretario democrat spiegando all'agenzia Ansa che "le parole di Renzi su di me confermano la valutazione politica che ho proposto in questi giorni: la delegazione del Pd al governo va resa coerente con il risultato congressuale". "Non c'è nulla di personale" assicura precisando però che si tratta di "una questione politica: è un dovere lasciare per chi, come me, ha sostenuto un'altra posizione". Ora, prosegue insistendo quindi sul rimpasto di Governo, "è responsabilità di Renzi, che ha ricevuto un così largo mandato, proporre uomini e donne sulla sua linea".

Gelo del Pd -
Motivazioni articolate che vengono - soprattutto strumentalmente - applaudite dalle opposizioni (Forza Italia in testa), ma che invece fanno calare il gelo tra Fassina e la segreteria del Pd. "Oggi si è tenuta una segreteria sulle priorità per il Paese: legge elettorale, jobs act. Non c'è davvero motivo di fare polemiche, ma di lavorare, e molto", scandisce il portavoce della segreteria Pd, Lorenzo Guerini. "Dispiace - aggiunge - che il viceministro Fassina esprima in questo modo il suo disagio riguardo alla sua presenza nel Governo".
Ma quello di Fassina è un disagio "antico". E se oggi assicura ancora il proprio contributo al governo anche se solo dai banchi della Camera, più di una volta l'esponente del Pd non ha mancato di far sentire la sua voce. Spesso controcorrente. Alla formazione dell'esecutivo Letta, non mancò - pochi giorni prima di saper di esserne parte - di criticarne la continuità con Monti: "Capisco la scelta di tenermi fuori" disse. "Il governo Letta è un buon compromesso per avviare la Terza Repubblica" ma io "non ne faccio parte perché credo sia prevalso un segno di continuità col governo Monti, che una figura come la mia non poteva garantire".

Gli 8 mesi al governo -
Da quel 2 maggio in cui il Consiglio dei Ministri lo nominò viceministro sono passati esattamente otto mesi. Caratterizzati da posizioni spesso indipendenti e trasversali come nel caso di "un asse di fatto" con Brunetta quando si cercava di evitare un aumento dell'Iva o, al contrario, con il dire "no ai ricatti del Pdl sull'Imu", una delle più dure battaglie fatte dal viceministro che ha sempre ritenuto opportuno contrastare il vessillo del Pdl sulla cancellazione totale dell'Imu sulla prima casa. Indipendente anche la posizione spesso dura nei confronti di Bruxelles e la richiesta di "un'autocritica e di un cambio di rotta" alla Commissione europea.
Una navigazione difficile continuata con la posizione contraria alle privatizzazioni e con il ruolo cruciale di delegato del governo per seguire la Legge di stabilita'. Ruolo, questo, che già a metà ottobre lo aveva portato sull'orlo delle dimissioni per "mancanza di collegialità", poi la decisione di restare presa dopo un incontro ed un rinnovato imprimatur del premier.
L'ultima stoccata di Fassina solo due ore prima di annunciare le dimissioni. Lo ha fatto da Facebook intervenendo su un tema su cui da viceministro ha sempre mostrato attenzione: Telecom. "Sulle vicende di Telecom Italia - ha postato sul suo profilo - non possiamo stare a guardare. E' nostro compito individuare gli strumenti efficaci per intervenire prima che sia troppo tardi".

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