Il congresso federale ratifica l'elezione dell'esponente del Carroccio, che aveva sconfitto Bossi alle primarie. "Non ci fermeremo fino all'indipendenza". Attacchi all'Unione Europea, a Napolitano e ai giornalisti
La Lega Nord passa nelle mani di Matteo Salvini e torna alle origini. 'Incoronato' dal congresso federale, riunito a Torino per ratificare il voto delle primarie, il neo segretario ha fatto ampio ricorso alla tradizione leghista per rilanciare il movimento. Dal ritorno a Pontida, la "nostra casa", ai toni duri della prima ora; dall'invocazione della Padania, e della sua indipendenza, al ritornello di "Roma ladrona". Con una spruzzata, questa sì una novità, di antieuropeismo. "Perché la Lega, per vincere e tornare ad essere forza di maggioranza - è la tesi di Salvini - deve fare la Lega".
"Non ci fermeremo fino all'indipendenza" - Basta quindi alle mediazioni, agli accordi e alle trattative nei palazzi. "Abbiamo provato per vent'anni a cambiare le cose da Roma, ora la Lega fa la Lega", osserva il successore di Roberto Maroni, eletto per alzata di mano dai 522 delegati a una settimana dalle primarie vinte con l'82% delle preferenze contro un 'mostro sacro' come Umberto Bossi. Un giovane di 40 anni, anche se con una lunga militanza nel Carroccio, contro la storia della Lega. E proprio in quella storia che strizza l'occhio ai moderni forconi - "dei lord rispetto agli assassini di Bruxelles" - che Salvini si tuffa per ricompattare il partito, lasciandosi alle spalle le divisioni interne e le polemiche sulle inchieste giudiziarie.
"Non ci fermeremo fino all'indipendenza", sono non a caso le prime parole pronunciate dopo l'elezione, mentre oltre 5mila persone provenienti da tutta Italia per il congresso della svolta intonano il 'Va Pensiero' e sventolano la bandiera con il Sole delle Alpi.
L'attacco a Napolitano e ai giornalisti - "Chi arresta un nostro sindaco senza motivo deve cominciare ad avere paura - tuona Salvini - chi attacca senza motivo la nostra gente deve cominciare a vergognarsi. Non è una minaccia ma un impegno".
La parola "rivoluzione", non viene pronunciata, ma aleggia nell'aria, accanto agli striscioni che chiedono la secessione e a quelli che invocano "il muro" per il Nord. "La Padania è pronta a disubbidire: abbiamo migliaia di sezioni pronte a essere centri di lotta e di controinformazione", sostiene Salvini. Che attacca frontalmente i giornalisti "pennivendoli", "privi di obiettività morale" e autori di "un linciaggio vergognoso e schifoso" contro la Lega.
Poi punta il dito contro lo Stato "criminale" che vuole l'amnistia o l'indulto per i delinquenti e 'spara' contro il capo dello Stato Giorgio Napolitano.
Uno che "gli imperi basati sul lavoro degli altri li sosteneva", mentre anziani come "Bernardo Caprotti (patron della Esselunga, ndr) hanno creato un impero che dà lavoro a tanta gente".
In prima fila, ad ascoltare il discorso a braccio pronunciato da Salvini in maniche di camicia, ci sono i leader stranieri dei partiti 'euroscettici' di Francia, Belgio, Olanda, Paesi Bassi, Austria e Svezia, uniti nel nome di una santa alleanza contro l'euro e l'Europa centralista. Ma l'ultimo monito del nuovo segretario federale è per i suoi militanti. "Da qui a maggio, se esce una virgola per sputtanare qualcuno, quello è fuori".
"Non ci fermeremo fino all'indipendenza" - Basta quindi alle mediazioni, agli accordi e alle trattative nei palazzi. "Abbiamo provato per vent'anni a cambiare le cose da Roma, ora la Lega fa la Lega", osserva il successore di Roberto Maroni, eletto per alzata di mano dai 522 delegati a una settimana dalle primarie vinte con l'82% delle preferenze contro un 'mostro sacro' come Umberto Bossi. Un giovane di 40 anni, anche se con una lunga militanza nel Carroccio, contro la storia della Lega. E proprio in quella storia che strizza l'occhio ai moderni forconi - "dei lord rispetto agli assassini di Bruxelles" - che Salvini si tuffa per ricompattare il partito, lasciandosi alle spalle le divisioni interne e le polemiche sulle inchieste giudiziarie.
"Non ci fermeremo fino all'indipendenza", sono non a caso le prime parole pronunciate dopo l'elezione, mentre oltre 5mila persone provenienti da tutta Italia per il congresso della svolta intonano il 'Va Pensiero' e sventolano la bandiera con il Sole delle Alpi.
L'attacco a Napolitano e ai giornalisti - "Chi arresta un nostro sindaco senza motivo deve cominciare ad avere paura - tuona Salvini - chi attacca senza motivo la nostra gente deve cominciare a vergognarsi. Non è una minaccia ma un impegno".
La parola "rivoluzione", non viene pronunciata, ma aleggia nell'aria, accanto agli striscioni che chiedono la secessione e a quelli che invocano "il muro" per il Nord. "La Padania è pronta a disubbidire: abbiamo migliaia di sezioni pronte a essere centri di lotta e di controinformazione", sostiene Salvini. Che attacca frontalmente i giornalisti "pennivendoli", "privi di obiettività morale" e autori di "un linciaggio vergognoso e schifoso" contro la Lega.
Poi punta il dito contro lo Stato "criminale" che vuole l'amnistia o l'indulto per i delinquenti e 'spara' contro il capo dello Stato Giorgio Napolitano.
Uno che "gli imperi basati sul lavoro degli altri li sosteneva", mentre anziani come "Bernardo Caprotti (patron della Esselunga, ndr) hanno creato un impero che dà lavoro a tanta gente".
In prima fila, ad ascoltare il discorso a braccio pronunciato da Salvini in maniche di camicia, ci sono i leader stranieri dei partiti 'euroscettici' di Francia, Belgio, Olanda, Paesi Bassi, Austria e Svezia, uniti nel nome di una santa alleanza contro l'euro e l'Europa centralista. Ma l'ultimo monito del nuovo segretario federale è per i suoi militanti. "Da qui a maggio, se esce una virgola per sputtanare qualcuno, quello è fuori".