Il processo in cui l'ex premier è imputato per frode fiscale arriva al terzo grado di giudizio. Possibile rinvio della sentenza a mercoledì o giovedì. Dubbi sulla tenuta dell'esecutivo ma Letta è fiducioso: "Nessun terremoto"
Il processo Mediaset arriva in Cassazione e l'esito della sentenza potrebbe decidere il futuro del governo Letta. Il verdetto deciderà il futuro di Silvio Berlusconi che in Appello è stato condannato a 4 anni, oltre all'interdizione quinquennale dai pubblici uffici che potrebbe costargli l'esilio dal Parlamento. Al momento rimangono in piedi vari scenari che vanno dall'assoluzione alla condanna, dal rinvio alla possibilità di un nuovo processo. Gli avvocati Franco Coppi e Niccolò Ghedini non sembrano decisi a chiedere uno slittamento nonostante la prescrizione sia alle porte (si parla di agosto-settembre) e quindi l'udienza dovrebbe entrare subito nel vivo ma si potrebbe protrarre anche nelle giornate di mercoledì e forse anche giovedì.
Le possibili strade - I tre scenari più probabili sono la conferma della sentenza di condanna della Corte d'Appello di Milano, l'annullamento secco e quindi assoluzione e, infine, annullamento con rinvio ai giudici di secondo grado. L'unica certezza è che il leader del Pdl, nell'eventualità di una condanna definitiva, non andrà in carcere. Nel primo caso, se la Suprema Corte dovesse convalidare il verdetto dei giudici d'Appello, il Cavaliere, accusato di una frode fiscale di 7,3 milioni di euro relativa al 2002 e al 2003, verrebbe condannato in via definitiva a quattro anni di carcere e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Riguardo alla libertà personale, però, tre dei quattro anni di reclusione sono condonati dall'indulto del 2006 e quindi da scontare ne rimarrebbe uno ma data l'età l'imputato usufruirebbe dei domiciliari o dell'affidamento in prova ai servizi sociali.
Il passaggio in Senato - Riguardo alla pena interdittiva che per 5 anni farebbe decadere da parlamentare l'ex premier, spetterà alla Procura notificare la sentenza della Cassazione al Parlamento. La procedura prevede un passaggio in Senato e un voto della giunta delle immunità e dell'aula per dichiarare la decadenza. Se gli ermellini, invece, dovessero accogliere uno dei molti motivi di ricorso contro la condanna di secondo grado elaborati dalla difesa il verdetto di condanna dello scorso 8 maggio verrebbe annullato o senza rinvio o con rinvio.
Nella prima ipotesi Berlusconi andrebbe assolto definitivamente e scagionato totalmente da ogni sua responsabilità. Nella seconda ipotesi, invece, pur annullando la condanna, la Suprema Corte ordinerebbe un nuovo processo in Appello indicando il punto da riaffrontare per poi rimotivare e 'sanare' la sentenza. E poiché il nuovo dibattimento di secondo grado si aprirebbe dopo la trasmissione delle motivazioni non è escluso che il procedimento, compreso il successivo giudizio in Cassazione, si concluda passando in giudicato, prima della prescrizione nel settembre del 2014 anche dell'imputazione relativa al 2003. La prescrizione intermedia, cioè quella relativa al 2002, dovrebbe cadere tra il 13 e il 14 settembre prossimi.
Le reazioni del Pdl - Ma il verdetto Mediaset diventa fondamentale soprattutto per la tenuta dell'esecutivo. Il Pdl esce allo scoperto: in caso di condanna "non c'è scelta ma una clausola di dissolvenza del governo". Enrico Letta butta acqua sul fuoco e rassicura: "Non ci saranno terremoti". Il Pd, diviso tra la fedeltà all'esecutivo e l'impossibilità di stare al governo con un condannato, invia un messaggio fermo: "Se il Pdl avrà reazioni eversive l'alleanza verrà meno". La presidente della Camera, Laura Boldrini ha auspicato che "singoli casi giudiziari non interferiscano nella vita delle istituzioni e qualunque sia la decisione della Cassazione essa non dovrà avere ripercussioni sulle attività parlamentari". Il Pdl non ha preso bene questa dichiarazione. Daniela Santanchè, Daniele Capezzone, Fabrizio Cicchitto, Elvira Savino attaccano la presidente della Camera: "Berlusconi non è un singolo caso giudiziario", dicono. "Tocca alla politica sanare uno squilibrio dei poteri che si trascina da troppo tempo, con effetti devastanti", sottolinea il capogruppo a Montecitorio, Renato Brunetta. In ogni caso, nel Popolo della Libertà da una parte si giura fedeltà al governo, come spesso ribadito dallo stesso Berlusconi, ma dall'altro i 'falchi' lasciano intendere che si è pronti a farlo cadere. Insomma, "per motivi diversi, che possono riguardare Pd e Pdl, è chiaro che in un modo o nell'altro si rischia di tornare alle elezioni", sintetizza il senatore Pdl, Augusto Minzolini.
Le reazioni del Pd - L'attesa della sentenza, infatti, agita anche il Pd che potrebbe trovarsi costretto a mettere in crisi la tenuta del governo. Il senatore Vannino Chiti avvisa il Pdl: nessuna reazione eversiva, altrimenti "si assumerebbero la responsabilita' di fare venire meno l'alleanza di governo". Il Pd non vuol salvare Berlusconi, ma neanche apparire come il colpevole di una crisi di governo. Per sgombrare il campo da fraintendimenti, il senatore Luigi Zanda chiarisce: il Pd è pronto a votare l'eventuale decadenza di Berlusconi al Senato. La sintesi perfetta della giornata la fa il ministro Graziano Delrio: "Un minimo di preoccupazione c'è anche se tutti i principali attori hanno garantito che non ci saranno ripercussioni per il governo".
Le possibili strade - I tre scenari più probabili sono la conferma della sentenza di condanna della Corte d'Appello di Milano, l'annullamento secco e quindi assoluzione e, infine, annullamento con rinvio ai giudici di secondo grado. L'unica certezza è che il leader del Pdl, nell'eventualità di una condanna definitiva, non andrà in carcere. Nel primo caso, se la Suprema Corte dovesse convalidare il verdetto dei giudici d'Appello, il Cavaliere, accusato di una frode fiscale di 7,3 milioni di euro relativa al 2002 e al 2003, verrebbe condannato in via definitiva a quattro anni di carcere e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Riguardo alla libertà personale, però, tre dei quattro anni di reclusione sono condonati dall'indulto del 2006 e quindi da scontare ne rimarrebbe uno ma data l'età l'imputato usufruirebbe dei domiciliari o dell'affidamento in prova ai servizi sociali.
Il passaggio in Senato - Riguardo alla pena interdittiva che per 5 anni farebbe decadere da parlamentare l'ex premier, spetterà alla Procura notificare la sentenza della Cassazione al Parlamento. La procedura prevede un passaggio in Senato e un voto della giunta delle immunità e dell'aula per dichiarare la decadenza. Se gli ermellini, invece, dovessero accogliere uno dei molti motivi di ricorso contro la condanna di secondo grado elaborati dalla difesa il verdetto di condanna dello scorso 8 maggio verrebbe annullato o senza rinvio o con rinvio.
Nella prima ipotesi Berlusconi andrebbe assolto definitivamente e scagionato totalmente da ogni sua responsabilità. Nella seconda ipotesi, invece, pur annullando la condanna, la Suprema Corte ordinerebbe un nuovo processo in Appello indicando il punto da riaffrontare per poi rimotivare e 'sanare' la sentenza. E poiché il nuovo dibattimento di secondo grado si aprirebbe dopo la trasmissione delle motivazioni non è escluso che il procedimento, compreso il successivo giudizio in Cassazione, si concluda passando in giudicato, prima della prescrizione nel settembre del 2014 anche dell'imputazione relativa al 2003. La prescrizione intermedia, cioè quella relativa al 2002, dovrebbe cadere tra il 13 e il 14 settembre prossimi.
Le reazioni del Pdl - Ma il verdetto Mediaset diventa fondamentale soprattutto per la tenuta dell'esecutivo. Il Pdl esce allo scoperto: in caso di condanna "non c'è scelta ma una clausola di dissolvenza del governo". Enrico Letta butta acqua sul fuoco e rassicura: "Non ci saranno terremoti". Il Pd, diviso tra la fedeltà all'esecutivo e l'impossibilità di stare al governo con un condannato, invia un messaggio fermo: "Se il Pdl avrà reazioni eversive l'alleanza verrà meno". La presidente della Camera, Laura Boldrini ha auspicato che "singoli casi giudiziari non interferiscano nella vita delle istituzioni e qualunque sia la decisione della Cassazione essa non dovrà avere ripercussioni sulle attività parlamentari". Il Pdl non ha preso bene questa dichiarazione. Daniela Santanchè, Daniele Capezzone, Fabrizio Cicchitto, Elvira Savino attaccano la presidente della Camera: "Berlusconi non è un singolo caso giudiziario", dicono. "Tocca alla politica sanare uno squilibrio dei poteri che si trascina da troppo tempo, con effetti devastanti", sottolinea il capogruppo a Montecitorio, Renato Brunetta. In ogni caso, nel Popolo della Libertà da una parte si giura fedeltà al governo, come spesso ribadito dallo stesso Berlusconi, ma dall'altro i 'falchi' lasciano intendere che si è pronti a farlo cadere. Insomma, "per motivi diversi, che possono riguardare Pd e Pdl, è chiaro che in un modo o nell'altro si rischia di tornare alle elezioni", sintetizza il senatore Pdl, Augusto Minzolini.
Le reazioni del Pd - L'attesa della sentenza, infatti, agita anche il Pd che potrebbe trovarsi costretto a mettere in crisi la tenuta del governo. Il senatore Vannino Chiti avvisa il Pdl: nessuna reazione eversiva, altrimenti "si assumerebbero la responsabilita' di fare venire meno l'alleanza di governo". Il Pd non vuol salvare Berlusconi, ma neanche apparire come il colpevole di una crisi di governo. Per sgombrare il campo da fraintendimenti, il senatore Luigi Zanda chiarisce: il Pd è pronto a votare l'eventuale decadenza di Berlusconi al Senato. La sintesi perfetta della giornata la fa il ministro Graziano Delrio: "Un minimo di preoccupazione c'è anche se tutti i principali attori hanno garantito che non ci saranno ripercussioni per il governo".