Lega, dopo il caos la parola d'ordine è andare avanti

Politica
Roberto Maroni

Primo vertice dell'era post - Bossi. Zaia: "Errore candidare Renzo, ma su Umberto metto le mani sul fuoco". Castelli: "Chiesi spiegazioni a Belsito, ma non ottenni collaborazione. Le accuse comunque vanno provate". La rassegna stampa

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Linea dura, fino all'espulsione, con chi ha sbagliato, e accelerazione della ripresa della attività politica, a un mese dalle amministrative. La prima riunione importante della Lega Nord, finita nella notte tra venerdì e sabato, con Umberto Bossi presidente e non più segretario federale è servita a fissare le scadenze politiche e di partito in vista dell'appuntamento elettorale, ormai alle porte. Bossi, Roberto Maroni, Roberto Calderoli e il segretario della Lega lombarda, Giancarlo Giorgetti, hanno fissato una sorta di calendario delle prossime attività.

Le prossimi tappe - Subito dopo Pasqua, martedì si terrà una riunione del comitato amministrativo guidato dal nuovo tesoriere, Stefano Stefani. E procederà spedita l'analisi dei bilanci, finiti nel mirino delle procure per la gestione Belsito. Nonostante le frasi di Bossi, che ha attaccato i magistrati "mandati da Roma", la linea sembra essere quella di fare chiarezza, ancor prima dei giudici e di chiedere provvedimenti disciplinari molto duri contro chi ha usato indebitamente i soldi del movimento, qualora fosse dimostrato, anche per rispondere al crescente malcontento dei militanti verso coloro che vengono citati nelle intercettazioni e nei verbali.

Linea ribadita da Roberto Maroni in un'intervista a La Padania, nella quale dice: "Adesso si gira pagina, sì. Basta davvero. La parola d'ordine è motori avanti tutta. La Lega prosegue il suo progetto di cambiamento" e annuncia l'intenzione di fare pulizia nel partito "senza stare a guardare nome e cognome di nessuno".

Zaia: "Non credo al complotto" - Ma intanto non si calmano le acque intorno al Carroccio e i principali leader del movimento iniziano a posizionarsi in vista del congresso in autunno. In un'intervista a La Repubblica, il governatore del Veneto Luca Zaia, pur difendendo Umberto Bossi ("Metto le mani sul fuoco, è un visionario, un ideologo, un filosofo molto distante dalle cose terrene"), condanna la scelta di candidare il figlio Renzo e spiega di non voler credere all'ipotesi del complotto e apre una linea di credito ai magistrati. "Le contestazioni sono tante e così copiose che l'unica cosa che possiamo fare è metterci pancia a terra alla ricerca della verità" dice Zaia. In vista del congresso autunnale il governatore del Veneto spiega di non volersi candidare, ma allo stesso tempo non si impegna per nessuno. Alla domanda se appoggerà Maroni, risponde: "Al momento non ci sono candidature. Maroni resta comunque una persona di spicco nel movimento".

Cota: "Troppe divisioni nella Lega" - Non crede all'ipotesi del complotto, rivendicata da Umberto Bossi, neanche Roberto Cota, che a La Stampa, spiega che "non sono abituato a parlare di complotti se non ho le prove per farlo". Il governatore del Piemonte, considerato da sempre uno dei fedelissimi del Senatùr, mette le mani avanti e spiega di non essersi mai accorto di una gestione sospetta delle risorse: "La Lega è un movimento a compartimenti stagni e personalmente non ho mai messo becco nelle questioni operative". E anche lui, sul futuro del Carroccio, non vuole sbilanciarsi: "Nel nostro movimento c'è stata qualche divisone di troppo".

Castelli: "Le accuse vanno provate"
- Su Il Giornale parla invece Roberto Castelli, che in qualità di membro del comitato di tesoreria della Lega, aveva tentato di controllare la gestione di Belsito. "Io ho provato a chiedergli conto di quello che faceva, ma non ho ottenuto nessuna collaborazione" dice l'ex ministro. Cosa di cui informò Bossi, senza però che accadesse qualcosa. Sui motivi della riservatezza di Belsito, Castelli sostiene però che "non potevo sapere se lo faceva per nascondere azioni delittuose o per un eccessivo senso di riservatezza". Riguardo all'inchiesta in corso Castelli sottolinea che "le accuse vanno provate, io non ho visto nessuna prova finora. C'è un gran polverone dove tutto sembra delittuoso". E anche lui non si sbilancia sul futuro della Lega: "Il congresso è sovrano e deciderà. Per tutti noi, a cominciare da Maroni".
L'ex ministro concede anche un'intervista al Corriere della Sera, nella quale dichiara che, "anche fosse tutto vero, Bossi non  era al corrente".  "Se è vero quanto  è accaduto - aggiunge - allora, e qui mi ci metto anche io, dovevamo  vigilare di più. Ma del senno di poi son piene le fosse...".

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